Arriva puntuale, prima dell’uscita in sala del terzo e conclusivo episodio de Lo Hobbit, la versione estesa in dvd e blue-ray del secondo episodio, La Desolazione di Smaug.
Con l’integrazione di quasi mezz’ora di scene inedite nel tessuto dell’avventura dei nani e di Bilbo il film di Peter Jackson -già così oscuro e affascinante con i suoi boschi maledetti abitati da aracnidi abnormi, le sua vertiginosa e liquida sessione di «rafting» a bordo di barili vuoti, la città lacustre Ponte Lagolungo come una Venezia di legno che affoga nella miseria e lo smisurato Drago assassino Smaug- risulta drasticamente mutato nei ritmi e negli eventi, risultando più epico, tolkieniano e personale, tanto da essere l’opera più riassuntiva e esemplare tra i lavori del regista di Bad Taste.
Vi ritroviamo l’originario gusto jacksoniano per il grottesco e per l’ironia del disgusto, soprattutto nel segmento dedicato al Governatore di Ponte Lagolungo mentre questo consuma il suo orrido pasto mattutino a base di testicoli o nella follia indemoniata del nano Thrain.

È scomparsa quasi del tutto la poetica favolosa del romanzo da cui il film è tratto, un libro che Tolkien scrisse per i suoi bambini, ma vi torna quella più tragica, politica, etica e sanguigna de Il Signore degli Anelli. A costo di inorridire i fan del romanzo bisogna tuttavia ammettere che il film di Jackson compone un affresco spaventoso e avventuroso che prelude con arte agli eventi successivi che porteranno alla Guerra dell’Anello e ci riesce conservando con rigore le invenzioni dello scrittore inglese.
La prima parte del film è quella più trasformata dagli interventi di Jackson e d’altronde nella versione originale risultava frettolosa: Beorn, il muta forma che si trasforma in orso gigante, appare ora un personaggio di spessore e non una comparsa; la traversata di Bosco Atro si espande grazie a eventi che ne variano la corta monotonia e assume finalmente il tono disperato che merita.

Nel procedere della narrazione sono numerose le piccole aggiunte che servono comunque a illuminare scene prima poco brillanti. Il finale è trasformato in maniera radicale con l’introduzione di un personaggio mai visto, ovvero il padre di Thorin Scudo di Quercia.La bellissima e letale Tauriel, l’elfo interpretato da Evangeline Lily, emerge in tutta la sua femminile e pietosa grandezza. Tra tutte le invenzioni di Jackson e delle sue sceneggiatrici, questo personaggio assente del tutto nel libro è la più riuscita e serve all’introduzione di una donna in un cast che altrimenti sarebbe stato composto da soli uomini.

È stata un’idea travolgente, così come il tenero sorgere di un’attrazione tra Tauriel e il nano Kili. Si tratta inoltre di una novità che può disturbare gli appassionati più severi ma che si allaccia in maniera elegiaca agli scritti di Tolkien, alimentando quella lirica fondata sull’amore impossibile che emerge dalle rare pagine sentimentali scritte dal professore di Oxford. Oltre il lungometraggio ciò che rende questa edizione qualcosa di realmente imperdibile, anche per chi ignora il mondo di Tolkien ma ama il cinema, è la mole di contenuti speciali: quasi dieci ore di «making of» che sono un film sul film epico quasi quanto l’argomento trattato.Non c’è aspetto della Desolazione di Smaug, dal suono più debole all’oggetto di scena meno visibile, dal gesto di un attore alle architetture, che non venga trattato, dimostrando così il lavoro immenso, appassionato e corale che ne ha reso possibile la realizzazione e il fantastico realismo.