È da Settimo Torinese che si leva la sfida contro la potente Philip Morris, e in generale contro quello che i simbiotici fratelli Carlo e Gianpaolo Messina-nel documentario SmoKings di Michele Fornasero, tra i cinque finalisti del Mese del Documentario – chiamano «il cartello delle multinazionali del tabacco». Alla mezzanotte del primo gennaio 2000 i due hanno dato avvio alla loro attività di vendita di sigarette online a prezzi stracciati, per poi aprire un’azienda di sigarette made in Italy – la Yesmoke – per dichiarare guerra ai magnati del tabacco.

 

 

 

 

L’attività di vendita online ha chiuso i battenti nel 2004, dopo che una corte americana li ha condannati a rimborsare alla Philip Morris oltre cinquecento milioni di dollari, e da novembre dello scorso anno i due fratelli sono in custodia cautelare con l’accusa di evasione fiscale e contrabbando.
Prima però sono riusciti a vincere alcune battaglie contro i magnati a stelle e strisce ed il monopolio di stato. In particolare quella contro la tassa minima per cui, come spiega il regista, «più sale il prezzo delle sigarette e più scende l’accisa da pagare allo Stato».

 

 

 

In SmoKings – alla Casa del Cinema di Roma il 3 maggio, poi in tour info:http://ilmese.documentaristi.it/ – Fornasero ricostruisce la vicenda dei due fratelli seguendoli nella loro fabbrica, quartier generale di questa versione postmoderna della sfida di Davide a Golia.

 

 

 
Come si è imbattuto in questa storia?
Nel 2008 mentre stavo girando a Settimo Torinese,dove abito, abbiamo scoperto una fabbrica di sigarette come quelle di cinquant’anni fa. Siamo andati a visitarla, sembrava la sede di un’associazione per la prevenzione del cancro: manifesti contro le multinazionali, contro gli ingredienti che usano nelle sigarette, contro le loro politiche corrotte. Lì ho conosciuto Gianpaolo e Carlo che ci hanno raccontato la loro scelta, cioè che invece di pagare cinquecento milioni alla Philip Morris avevano aperto la loro fabbrica per farle guerra.

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Il film lavora su una serie di contraddizioni: la lotta contro le multinazionali immorali da parte di due che non sono dei santi, la produzione di sigarette nonostante il padre di Carlo e Gianpaolo sia morto di cancro ai polmoni …
L’idea da cui siamo partiti, e che abbiamo difeso strenuamente era proprio questa, anche perché la tendenza dei nostri interlocutori mentre cercavamo i finanziamenti era demonizzare i due protagonisti in quanto produttori di sigarette. Invece sia io che il produttore, Simone Catania, volevamo puntare sulle ambiguità della storia e dei due fratelli: il loro universo non è bianco e nero ma solo il grigio. Le «battaglie» che intraprendono infatti per quanto condivisibili come quella sugli ingredienti – è assurdo infatti che non si sappia cosa c’è dentro le sigarette – fanno sempre anche i loro interessi.

 

 

 
Nel film Carlo e Gianpaolo si paragonano a Olivetti. Loro però sembrano spinti unicamente dal business.
Sono successe molte cose dalla fine del film a oggi. Carlo e Gianpaolo sono stati arrestati, uno è a Torino, l’altro a Cuneo, e separarli è stata la cosa peggiore che potessero fargli. Su questo c’è una serie di coincidenze un po’ strane. L’arresto è avvenuto due giorni prima della proiezione del film al Festival dei Popoli di Firenze, e una settimana dopo hanno arrestato anche i proprietari di Chiaravalle, l’unica altra fabbrica di sigarette italiana. Quasi in contemporanea Renzi inaugurava una fabbrica della Philip Morris in Emilia Romagna. Tra l’altro i fratelli aspettavano un corposo risarcimento da parte del Monopolio per per tutto il periodo in cui hanno venduto sotto la tassa minima, e che da gennaio è stata reintrodotta. Con Gianpaolo ci siamo scritti delle lettere: so che Carlo in carcere ha smesso di fumare perché trova solo sigarette delle multinazionali.