Dopo il fallito referendum ungherese, un altro Paese del centro-est Europa va al voto in queste ore. Venerdì 7 e sabato 8 ottobre si tengono in Repubblica Ceca le elezioni per il rinnovo dei consigli regionali e di un terzo del Senato.

Il voto arriva a solo un anno prima delle elezioni alla Camera dei Deputati. In palio ci sono 13 consigli regionali e 27 collegi senatoriali. Il partito, che ha più mandati da perdere, sono i socialdemocratici

. Il partito socialdemocratico ha undici presidenti di regione e nelle restanti due regioni è nella coalizione di governo. Un risultato difficile da replicare dopo tre anni di governo nazionale per molti tratti mediocre e poco appassionante. Lo stesso premier appare come un figura alla continua ricerca di compromesso tra gli esponenti del suo partito e i partiti alleati. Il suo governo ha perciò preso parte a fronte di Visegrad compattatosi intorno al problema delle quote rifiutando la distribuzione per quote. Allo stesso tempo Sobotka ha però rifiutato di seguire il premier slovacco Fico e quello ungherese Orban nel ricorso presso la Corte europea contro il meccanismo messo a punto dalla Commissione. Ciò gli ha valso molte critiche dalla destra populista e da certi ambienti conservatori del suo stesso partito.

Sebbene Sobotka non si sia particolarmente speso nella campagna elettorale, l’insuccesso elettorale potrebbe costargli la leadership interna nel partito. I socialdemocratici governano praticamente tutte le regioni ceche da ormai otto anni. In questo periodo le regioni sono diventate uno snodo vitale per le clientele del partito in termini di mandati, posti nei cda delle aziende controllate e soprattutto distribuzione dei fondi europei. Una forte perdita di peso in questi organismi potrebbe aizzare l’opposizione interna e penalizzare Sobotka in vista del congresso prima delle elezioni parlamentari.

Il principale concorrente dei socialdemocratici è sicuramente il movimento del miliardario e vicepremier per le finanze Andrej Babis Ano 2011. Andrej Babis vede le regionali come l’anteprima delle elezioni parlamentari, in cui vuole scavalcare i suoi alleati socialdemocratici primo e diventare il premier. In queste elezioni Babis ha puntato su narrazioni populiste do ogni tipo, dalla vecchia e buona antipolitica fino alla contrarietà all’accoglienza dei rifugiati. Babis si è perfino spinto a dire che i campi di concentramento per i Rom usati come posto di transito per i campi di sterminio erano dei «semplici campi di lavoro», dove veniva messa gente, che non aveva voglia di lavorare. «Il principale problema di Ano è che parla a lelettori troppo diversi In alcune regioni si presenta come un tradizionale partito di centro-destra e della classe media. In altre regioni più povere si trasforma in un partito populista, che si rivolge a elettori frustati dalla loro condizione sociale. Sarà difficile tenere tutto quanto assieme», dice il sociologo Daniel Prokop.

Sebbene il tema dei rifugiati sia un argomento cardine anche nelle elezioni regionali ceche, le chance dei partiti xenofobi e islamofobi risultano alquanto ridotte. Lo spettro politico dei partiti xenofobi e antieuropei è infatti frammentato e in alcune regioni ci sono perfino sei, sette liste con programmi quasi uguali e lo stesso peso politico. Unica speranza per questi partiti sono le elezioni senatoriali a collegio unico. In questo tipo di elezioni l’afflusso degli elettori è ridotta e al secondo turno non vota solitamente più del 25% dell’elettorato. Per questo motivo si sono schierati ai nastri di partenza tutti i big di questa area politica, ma solo un paio di essi ha una qualche possibilità di venir eletto. In parte le basse preferenze di questi partiti sono spiegabili dal fatto che un’attitudine negativa nei confronti dei rifugiati e del sistema di quote è stato mostrato da praticamente tutti i partiti parlamentari. Ormai questa posizione politica è diventata un must per non perdere elettori ma non è sufficiente per guadagnarne di nuovi. Con queste elezioni non emergeranno probabilmente nuovi partiti di protesta ma verranno consacrati i populismi già al governo con giacca e cravatta.