Per i  50 anni di Prima della rivoluzione, Francesco Barilli (che interpretava il protagonista) e Michele Guerra (dell’università di Parma) dedicano un film a Parma, dimostrando perché la si può definire una «capitale del cinema».
A Parma dunque prime proiezioni del cinematografo Lumiere già nel 1896; la critica cinematografica di Pietro Bianchi e Attilio Bertolucci, la rabbia dell’ipocondriaco Attilio che gli fa venire la febbre alta quando la copia di Sunrise di Murnau non raggiunge la città, o ancora la prima volta che un quotidiano italiano dedica la prima pagina al cinema – Gazzetta di Parma per la premiere della Febbre dell’oro. I film che si girano nella zona come Ritorno in campagna ma soprattutto il fascistissimo Condottieri di Trenker, e la nascita in città di una casa di produzione che ambiva ad allestirvi degli studios.

E poi la Liberazione, le immagini romantiche dei partigiani di un documentario di Antonio Marchi, che Bertolucci (Bernardo) definisce pittoresche, l’immaginario delle quali potremmo ritrovare in Novecento.

L’avvicinamento al cinema di Zavattini e lo svilupparsi di fenomeni editoriali come «La critica cinematografica» di Marchi e Fausto Fornari, e «Sequenze» di Luigi Malerba, palestre della critica militante e non, e la gloriosa collana di monografie della Guanda, cui collabora il meglio della critica di allora. Tanto che è a Parma che si svolge il famoso convegno sul Neorealismo del 1953, con gli scontri tra vecchie e nuove guardie, con partecipazione e sponsorizzazione dell’industriale Barilla.

A due passi dalla città le riprese di Don Camillo e a Parma La ragazza con la valigia, La parmigiana e naturalmente Prima della rivoluzione: Barilli ripercorre le stanze del palazzo in cui fu girato- quel corridoio che attraversava togliendosi il maglione col collo alto, per spogliarsi con una passione ribelle, che bruciava lo schermo; un film che nel recente restauro ha riguadagnato tutto il suo splendore, e di cui Storaro ricorda le riprese da operatore, sotto la guida del giovanissimo Bertolucci, dotato di un carisma creativo che li porta a Cannes, dove i critici italiani, con consolidato autolesionismo e frequente miopia, lo attaccano, mentre la critica straniera lo saluta come una nouvelle vague autoctona.

E poi ancora Franco Nero e la sua carriera internazionale, oltra a Django, o Lino Ventura, parmigiano doc che Rosi fa recitare senza doppiaggio in Cadaveri eccellenti. Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco, oltre a Benigni, ritraggono il geniale giovane Bertolucci. Aprà ricorda la stagione del festival di Salsomaggiore con i suoi ospiti illustri e le grandi retrospettive.

Poi arriva l’oggi, con la demolizione dei vecchi cinema, smantellando le poltroncine rosse; ma anche con una delle multisale che stacca ancora un numero di biglietti da primato e alcuni giovani registi che si cimentano nel cinema indipendente.