Il calcio italiano? Produce ricchezza sì, ma dipende tanto, troppo, dai ricavi per la vendita dei diritti televisivi. E risulta pure in perdita per oltre mezzo miliardo di euro. La fotografia impietosa del mondo del pallone che esce dal rapporto presentato ieri dalla federcalcio italiana – in collaborazione con l’agenzia di consulenza Deloitte, relativo alla stagione 2014/15 – alla Camera dei Deputati svela pregi ma soprattutto difetti di un sistema in grado di fatturare oltre 3,7 miliardi di euro. Cifre, grafici, diagrammi che spiegano come i campionati professionistici incidano sul 70% dei ricavi, per un totale di quasi 2,6 miliardi di euro.

Ma il report – dal titolo Il conto economico del calcio italiano evidenzia anche il peso esercitato sui conti dal calcio dilettantistico, che assieme a quello giovanile rappresenta il 24% dei ricavi. Quasi un miliardo di euro – 913 mln -, mentre i ricavi netti per la Figc e per le leghe occupano una piccola fetta della torta, il 4% (153,5 mln di euro) e il 2% (68 mln). La bilancia commerciale del calcio italiano spiega che incide per l’11% del Pil complessivo del calcio mondiale. E non è un indicatore numerico di poco conto, anzi la conferma che il Made in Italy tira, piace ancora, nonostante i poco positivi risultati dei club in campo internazionale e i ritardi in infrastrutture, dagli stadi alla valorizzazione dei settori giovanili. L’analisi presentata a Montecitorio mostra anche lo stato di dipendenza di Lega calcio e dei club dalla vendita dei diritti tv.

Una crescita continua, un boom tra il 2010 e il 2015, rispettivamente da 105,9 mln di euro sino ai 172,6 mln del 2014/2015.

L’Introito complessivo in cinque anni per turni a singhiozzo, distribuiti nell’arco del weekend come avviene in altri format, Bundesliga e soprattutto Premier League non arriva a 700 milioni di euro, alle spalle di Spagna (966 mln di euro), Inghilterra (846,7 mln di euro), Germania (701,9 mln di euro). Ma le tv che gestiscono i diritti acquistano sempre più potere, il 43% dei ricavi complessivi dei club è ossigeno – che arriva da Sky, Mediaset, Rai – per gestire i conti societari. Senza puntare poi al potenziamento di altre forme di entrata, dallo sfruttamento intensivo del merchandising, come avviene per la Premier League, al marketing e soprattutto agli stadi di proprietà delle società.

Che peraltro nonostante la pioggia di euro dai diritti tv, spesso non riescono a tenere i conti in ordine. Impresa centrata solo per 12 club su 86 (sette di Serie A, tre in B, due in Lega Pro), stesso risultato del 2013/2014. Per un saldo totale del sistema fortemente in rosso, perdite per 525,8 mln di euro. Una voragine, un buco nero che ostacola i progetti di rilancio del calcio italiano. Con il 98,7% del saldo in negativo dovuto ai campionati professionistici, spiccioli invece da leghe dilettantistiche e giovanili. Invece il report rivela il buono stato di salute della Figc, con un bilancio in attivo di quattro milioni di euro.