È tutt’altro che un passo da “tecnico”, quello con cui entra a Roma il prefetto Francesco Paolo Tronca, accompagnato da soldi, poteri e benedizioni. Sarà pure colui che «a Milano ha fatto un lavoro sotterraneo e straordinario nella gestione di una squadra delicata ed efficace come quella che ha portato al trionfo dell’Expo» – come afferma il premier Matteo Renzi nell’instant book che Bruno Vespa sta per dare alle stampe e che da ieri è diventato il primo lancio pubblicitario dell’èra commissariale post-Marino – ma appena giunto nella Capitale il neo commissario prefettizio si muove da sindaco, e non sembra affatto destinato ad un «lavoro sotterraneo».

Presenzia cerimonie con la fascia da sindaco – «un atto di omaggio alla Capitale nel rispetto della tradizione» -, si affaccia per salutare i cittadini dal balcone di Palazzo Senatorio, si prostra al Pontefice che lo incoraggia ad «avere forza ed energia», e riceve da Renzi l’investitura massima riservata solo a chi si mette completamente al servizio.

Tronca – il prefetto che si scontrò frontalmente con il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e annullò, a norma di legge ma con estrema puntualità, le trascrizioni dei matrimoni gay celebrati all’estero sul registro comunale delle unioni civili – è, anticipa Renzi, «il commissario che dovrà gestire i poteri di sindaco, giunta e consiglio». Anche se al momento è stato solo nominato in termini di legge «per la provvisoria gestione» del Campidoglio fino al totale scioglimento del comune.

In realtà ha già in tasca l’incarico di commissario straordinario che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (con il quale ha presenziato ieri mattina al Verano la commemorazione dei militari caduti) formalizzerà tra 90 giorni. Anche l’elenco dei subcommissari sarebbe già concordato, fermo restando che della squadra prefettizia faranno parte anche i minisindaci dei 14 municipi (Ostia esclusa) della città metropolitana che ieri Tronca e Gabrielli hanno deciso di non sciogliere, come d’altronde avvenne anche nei precedenti casi di commissariamento di Roma.

Ma soprattutto,  fatto fuori Marino, insieme al prefetto di Milano è in arrivo anche un decreto governativo con i tanto sospirati stanziamenti per il Giubileo romano (potrebbero essere circa 200 milioni, quelli di provenienza statale, mentre il resto dovrebbe venir fuori dai fondi accantonati nel bilancio comunale di Roma derogando al patto di stabilità).

In arrivo anche super poteri per il prefetto di Roma, Franco Gabrielli (ricevuto ieri al Quirinale dal presidente Mattarella), che diventerebbe così a tutti gli effetti un secondo commissario straordinario, in modo da poter bruciare le tappe e riuscire ad arrivare all’8 dicembre, giorno di inaugurazione dell’Anno santo francescano, senza lavori in corso. Per duplicare il «trionfo» di Expo, «anche a Roma occorrerà una squadra, un dream team – prosegue Renzi nel colloquio con Vespa – Persone di primo livello su tutto, dalla cultura allo sport, dai trasporti all’istruzione. Non ho il chiodo fisso di fare una bella figura per vincere le elezioni: ho il chiodo fisso di far ripartire Roma. La priorità assoluta è la città».

Il Papa non aggiunge nulla di spirituale, sul tema, ma intanto impazza il totonomi. I più accreditati sono il direttore di Italferr Fs, Marco Rettighieri, ai Trasporti; Carlo Fuortes, nominato da Marino sovrintendente al Teatro dell’Opera, alla Cultura; Gloria Zavatta, esperta di sostenibilità per l’Expo, ai rifiuti; il presidente del Coni Giovanni Malagò per seguire la candidatura alle Olimpiadi 2024. Mentre c’è già maretta tra le forze antagoniste della maggioranza di governo riguardo i nomi più targati politicamente, come l’ex assessore Alfonso Sabella.

In ogni caso, «basta con il piagnisteo», taglia corto Renzi, che non rinuncia al populismo de «i politici si dividono in capaci e incapaci». Ripete il refrain a cui dovremo abituarci: «Quando la maggioranza dei consiglieri dice basta non si chiama congiura: si chiama democrazia», e aggiunge: «Quando vedo certi addii scenografici mi rendo conto di quanto possa essere falsa la politica. Chi fallisce la prova dell’amministrazione si rifugia nella cerimonia di addio, vibrante denuncia di un presunto complotto, con tono finto nobile e vero patetico. Non mi riferisco solo a Marino, certo». Certo, anche «al suo predecessore, Enrico Letta», fa notare Vespa. Romani, state sereni.