Sul diritto di amare in Italia hanno parlato fino a oggi i preti e i politici nelle schermaglie nel partito democratico o nei giochi di maggioranza con l’Ncd. I diretti interessati, coloro che amano una persona indipendentemente dal suo sesso, desiderano un figlio o intendono adottare quello del partner con la stepchild adoption, non ancora.

Questa assenza è stata avvertita nella discussione sul Ddl Cirinnà sulle unioni civili, ma ieri è stata colmata dalle duemila persone che hanno partecipato alla marcia dei diritti a Roma.

La marcia si è svolta in sei tappe. Ogni tappa scandita dai colori della bandiera arcobaleno, simbolo del movimento di liberazione omosessuale. Ogni colore è stato abbinato a un diritto.

Il rosso era lo spazio per la libertà, l’autodeterminazione, la laicità; l’arancione per il matrimonio civile per tutti, le convivenze omo ed etero e la genitoralità. Giallo il colore della lotta all’omofobia e alla lesbofobia, contro il sessimo e la violenza di genere. Blu quello della lotta contro la transfobia e l’affermazione delle identità di genere. Verde il colore per l’istruzione laica e pubblica, l’educazione sentimentale e sessuale nelle scuole. Viola, infine, il colore della prevenzione dalle infezioni sessualmente trasmesse, all’Hiv, «usato come stigma verso le persone in Hiv e Aids».

Al corteo – promosso da Anddos-Gaynet, Lista lesbica Italiana, Gaycs, I mondi diversi No Profit, Roma Rainbow Choir, l’associazione Scosse e Uaar Roma – hanno partecipato studenti, sindacati (Cgil) numerose associazioni. Una manifestazione, bella e radicale, che si è conclusa in piazza Madonna di Loreto, a pochi passi da Piazza Venezia, dove si è unita al presidio «Questa città di chi pensi che sia?», organizzato dall’agorà di Roma Comune, un foro di discussione pubblica sulla capitale commissariata, organizzato dai movimenti sociali.

«Come loro vogliamo riappropriarci dello spazio pubblico, creare spazi di mutualità e di socialità autogestite», sostengono gli organizzatori.

«L’idea della marcia dei diritti è nata dalle associazioni Lgbt e dall’associazionismo che lavora sulle differenze. Vogliamo unire i diritti civili alla battaglia contro la diffamazione dell’ideologia gender. Non si può difendere una differenza e non le altre. È un orizzonte generale di libertà che va difeso – spiega Monica Pasquino, presidente di Scosse -. La marcia segna un momento di maturità del movimento Lgbt che non manifesta solo tra sé e sé e non lo fa solo in occasione del Pride. Lo fa nel momento in cui il Parlamento sta legiferando sulle nostre vite».

Scosse è una delle associazioni impegnate nel movimento per l’educazione sentimentale e alle differenze nelle scuole. Contro questo movimento è in atto una violenta campagna di diffamazione ispirata alla presunta «ideologia del gender»: «La portano avanti il Vicariato e l’estrema destra che lottano per la scuola privata e contro la cultura laica e plurale che difendiamo nelle nostre scuole – continua Pasquino – È una diffamazione molto potente contro le associazioni che lavorano per la valorizzazione delle differenze. Noi non promuoviamo l’omosessualità nelle scuole, né screditiamo l’eterosessualità. Creiamo strumenti con gli insegnanti per tutelare i bambini e le bambine che hanno una famiglia monogenitoriale, omosessuale, ricomposta o le ragazze e i ragazzi che scoprono la loro identità sessuale. Sono soggetti che possono essere vittime di esclusione se non vengono aiutati. Tutti hanno diritto a una scuola che li accolga in maniera uguale. Il nostro impegno è farli sentire adeguati, e non sbagliati se hanno un orientamento non eterosessuale».

«Chiediamo piena uguaglianza, accesso al matrimonio per tutti, riconoscimento della genitorialità, leggi che riguardano persone trans e omosessuali – afferma Andrea Maccarrone, attivista Lgbt – Tutti parlano dei nostri diritti: gerarchie vaticane, associazioni catto-omofobe, nessuno considera la realtà, parlano solo alle loro ideologie. Abbiamo incontrato la senatrice Monica Cirinnà che sa benissimo che questa non è la legge che chiediamo, rischia di affermare un modello discriminatorio delle convivenze».

La marcia dei diritti «chiede piena uguaglianza e una riforma del diritto di famiglia che non sia ideologico e guardi alla realtà della vita e degli affetti». Per Maccarrone la manifestazione di ieri è stata «un primo passo per creare connessioni con tutte le realtà che si occupano di diritti, libertà e autodeterminazione, a cominciare dagli studenti, dai sindacati, da chi lotta contro il razzismo – aggiunge – Solo uniti possiamo contrastare il conservatorismo, l’avanzata delle destre e l’integralismo. È un mix pericolosissimo. Noi cerchiamo di creare gli anticorpi».