Ling Jihua potrà apparire un perfetto sconosciuto al pubblico occidentale, ma in Cina – almeno fino al 2012 – è stato uno dei politici più importanti. Dal 2012 è diventato alquanto chiacchierato, a legittimare la sua notorietà. Colpa dello schianto (e della morte) di suo figlio sul quarto anello di Pechino, in Ferrari; un’auto piuttosto costosa, per un funzionario statale. Quell’incidente segnò la sua carriera politica. E da ieri è sotto indagine per «gravi violazioni disciplinari», un’espressione cinese per indicare una probabile e prossima accusa per corruzione.

Mazzette, tangenti, tutte da provare, perché quando cade uno come Ling Jihua, le cui cariche possono equipararlo ad un vice premier, significa che il leader supremo non guarda in faccia nessuno e che si sente al tal punto sicuro da andare a intaccare niente meno che il potere di un ex presidente. Ling Jihua, infatti, oltre ad aver assolto a vari incarichi rilevanti, era il braccio destro dell’ex presidente Hu Jintao. Il grigio burocrate, cui lo scoppiettante Xi Jinping è succeduto un anno e mezzo fa, cambiando il paese e facendosi notare in questo tempo, molto più che Hu in 10 anni. Eppure quello di Hu (e Wen Jiabao) è stato il cosiddetto «decennio d’oro», gli anni della crescita a doppia cifra, al 14 percento nel 2008, la Cina delle Olimpiadi, la Cina del sorpasso, quasi, sugli Stati uniti. Ma l’eredità che si sono ritrovati tra le mani Xi Jinping e Li Keqiang, ha richiesto una sferzata non da poco: in termini economici, con una crescita più moderata, ma più attenta alla qualità e in termini politici con la necessità di fare piazza pulita di tutti i funzionari corrotti, cui il sistema Hu-Wen ha consentito una crescita vertiginosa, da minare profondamente la fiducia del popolo nel Partito, che ancora si concepisce come l’antico Imperatore, Figlio del Cielo.

Ling Jihua deve aver sentito stringersi la morsa: il 16 dicembre ha pubblicato un articolo sulla rivista Qiushi, citando ben 16 volte il presidente Xi Jinping, chiaro segnale di captatio benevelontiæ che però non è bastato. «Riecheggiando le parole di Xi, ha scritto il South China Morning Post, il 58enne ministro del Dipartimento del Fronte Unito di lavoro del Partito Comunista ha sottolineato l’importanza di realizzare il sogno cinese di un grande rinnovamento della nazione». Il suo pezzo di 4mila parole elencava otto princìpi «da rispettare», compreso quello di seguire da vicino la leadership del partito, la via socialista con caratteristiche cinesi e salvaguardare l’unificazione del paese. Non gli è servito. E del resto i severi segugi dell’anticorruzione, lo avevano messo nel mirino da tempo: l’anno scorso, a gennaio, la moglie di Ling, Gu Liping, ha improvvisamente lasciato il suo incarico presso la Ying Public Interest Foundation istituita sotto la Lega della Gioventù Comunista, a causa di accuse sulla sua attività di filantropa. Per lei è scattato lo shanggui, una procedura speciale di arresto, di solito in un albergo, riservata ai funzionari. Stessa pratica che subirà il marito. Nell’ agosto di quest’anno le autorità anti-corruzione hanno detenuto anche il fratello maggiore dell’ex braccio destro di Hu Jintao, Ling Zhengce, alto funzionario nello Shanxi. Il fratello più giovane di Ling, Ling Wancheng, rientrato di recente dagli Stati uniti,da alcune fonti apparse sui media locali, sarebbe sotto inchiesta.

Dopo l’arresto e l’espulsione di Zhou Yongkang, dunque, Xi Jinping non placa la sua furia anti-corruzione; in un anno sono stati messi sono indagine oltre 200mila funzionari, sono stati arrestati ed espulsi importanti quadri del Partito. Xi ha insistito per un nuovo stile di vita dei funzionari: confuciano, frugale, umile. Ma nella mossa di Lin Jihua, c’è una novità: mentre per Zhou Yongkang la sensazione era quella di un cerchio che si chiude (Bo Xilai e compagnia), con Lin Jihua, ci si potrebbe trovare di fronte al primo tassello di un nuovo disegno di Xi. Che potrebbe puntare molto in alto. Dalle parti di Hu Jintao, sicuramente, e perfino del grande vecchio cinese, ovvero Jiang Zemin.