I migranti ospitati a Bresso, nell’hub regionale lombardo con funzione di smistamento, denunciano le gravi condizioni a cui sono sottoposti nell’accoglienza, denuncia resa pubblica grazie al supporto della rete People Before Borders.

«Parallelamente agli ospiti in transito, nell’hub di Bresso è stata rilevata la presenza di un cospicuo numero di ospiti la cui permanenza all’interno del centro è superiore ai tre mesi (non si potrebbero superare i 30 gioni, ndr), arrivando in alcuni casi a superare anche l’anno. Dunque un Hub trasformato di fatto in una Centro di accoglienza straordinaria, si legge nel dossier preparato dalla rete People Before Borders e presentato ieri mattina davanti al centro di smistamento.

Un luogo pensato per ospitare 150 persone nel quale se ne trovano oltre 500, chi accolto in container e chi in tendoni.
Chi è nel centro, anche da oltre un anno, non sa cosa sarà del suo futuro, non sa quando potrà andare via e soprattutto lo stato dell’arte della sua richiesta di protezione umanitaria.

A termini di legge, superando i tre mesi i migranti avrebbero diritto all’iscrizione anagrafica presso il Comune di riferimento (come da art. 6 comma 7 del Testo Unico delle leggi sull’Immigrazione), che poi è il presupposto necessario per poter richiedere la carta d’identità. A Bresso questo non accade. I richiedenti asilo sono condannati a far nulla, a stare intere giornate senza attività. La struttura mette a disposizione solamente due insegnanti di italiano per le oltre 500 persone presenti nel centro, la possibilità di apprendere la lingua è condizione necessaria per costruire un percorso d’integrazione.

«Parte dei migranti presente al campo di Bresso – prosegue la denuncia – lamentano la scarsa quantità e qualità del cibo; inoltre molti ospiti hanno problemi intestinali. E poi: «Nel campo è prevista la presenza di un medico due volte alla settimana. Dovrebbe visitare e orientare gli ospiti presso i servizi sanitari pubblici. Visto il numero di persone nel campo, le due presenze settimanali del medico non sono sufficienti per coprire le necessità di tutti gli utenti, che non hanno la possibilità reale di essere visitati in maniera approfondita. A ciò si aggiunge l’assenza di una mediazione linguistica adeguata; agli utenti non viene spiegato il funzionamento dell’iter sanitario, né vengono guidati ai servizi, così capita spesso che debbano subire lunghe attese».

«Fa freddo, manca l’acqua calda, non abbiamo vestiti, il pocket money ci è dato sotto forma di ricarica telefonica da 2,5 euro al giorno. Dobbiamo cercare nella spazzatura ciò che ci serve», dicono alcuni dei ragazzi.
E’ la Croce Rossa a gestire il centro attraverso una convenzione con cui la prefettura di Milano ha appaltato il servizio d’assistenza, l’hub è posto all’interno del centro polifunzionale di emergenza della stessa Cri. Gli attivisti di People Before Borders hanno preso in visione l’accordo e denunciano come molti punti siano disattesi, tanto da chiedere la sospensione della convenzione.

Il tentativo di parlare con la direttrice dell’Hub per presentare il dossier è stato respinto dai carabinieri. «Di fatto – si legge in un comunicato emesso dagli attivisti – la richiesta legittima di poter accedere a un luogo di servizio statale viene gestita come un problema di ordine pubblico e questo Hub, come svariati centri in tutto il paese, diventano zone militarizzate inaccessibili».