«Se mi riportano in Marocco, trascorrerò il resto dei miei giorni in carcere». La voce ancora incredula, all’altro capo della cornetta, è di Hassanna Aalia, attivista saharawi di 26 anni, condannato all’ergastolo da un tribunale marocchino e riparato in Spagna, dove è finito al centro di un inghippo politico e diplomatico che sta mettendo in imbarazzo il governo spagnolo di Mariano Rajoy.

Lo scorso 19 gennaio, il ministero dell’Interno di Madrid ha rigettato la sua richiesta di asilo e gli ha notificato un ordine di espulsione dal Paese. Entro 15 giorni. Ai primi di febbraio, insomma, per Hassanna potrebbe riaprirsi la via del Marocco, dove sulla sua testa pende una condanna all’ergastolo. I fatti sono quelli di Gdeim Izik, la pacifica protesta messa in atto dal popolo saharawi tra l’ottobre e il novembre del 2010, nei pressi di Al Aaiun. All’alba dell’8 novembre le forze speciali dell’esercito marocchino misero a ferro e fuoco l’accampamento, reprimendo nel sangue la protesta. Due i morti accertati tra i saharawi, 11 gli agenti uccisi secondo le autorità marocchine. Accuse pesanti, anche se non suffragate da prove tangibili.

Ne seguì un lungo processo al termine del quale, nel febbraio del 2013, il tribunale militare di Rabat punì con pene durissime i 24 imputati saharawi. 9 ergastoli e 13 condanne dai venti ai trent’anni, solo due scarcerazioni. Una punizione esemplare. «Non volevo crederci» ricorda Hassanna che al momento della sentenza, era l’unico a trovarsi in libertà, a Bilbao, dove era riparato grazie a una borsa di studio per un corso di Formazione sui diritti umani. «Quando ho letto la sentenza sono rimasto sconvolto – racconta – non mi aspettavo una pena così dura. Ho presentato subito una domanda per la protezione internazionale, attraverso la Commissione spagnola per l’aiuto ai rifugiati (Cear). Ero fiducioso. Ma niente da fare. Lunedì scorso la polizia mi ha chiamato e mi ha notificato l’ordine di espulsione». Ora il rischio è quello di un’espulsione che, se venisse eseguita, metterebbe Hassanna in serio pericolo. «Già nel 2011 ero stato arrestato – racconta – mi avevano interrogato e torturato per tre giorni al commissariato di Al Aaiun. Schiaffi, pugni, calci e bastonate. Molti miei amici sono in carcere. Eppure l’unica cosa che abbiamo fatto è prendere parte a una manifestazione, assieme ad altre 25 mila persone, per rivendicare la nostra terra, occupata da quarant’anni da un Paese usurpatore».

Immediata la risposta di solidarietà da parte dell’associazionismo pro-saharawi in Spagna. Varie le manifestazioni organizzate in tutto il Paese. La più imponente, supportata da circa un centinaio di organizzazioni, avrà luogo il prossimo 31 gennaio a Bilbao. Migliaia le firme raccolte da una petizione per domandare al governo Rajoy che venga concesso l’asilo all’attivista. «Mi sembra un segnale politico chiaro – osserva Omar Mih, rappresentante del Fronte Polisario in Italia – la Spagna manda un messaggio al Marocco, non vuole perdere gli interessi economici che ha. Eppure secondo la giurisprudenza internazionale, è ancora lei la legale amministratrice del Sahara occidentale. E come tale avrebbe il dovere di tutelare i cittadini saharawi». «L’atteggiamento delle autorità spagnole in merito a questa vicenda mi lascia perplesso – conviene il senatore Stefano Vaccari, presidente dell’Intergruppo parlamentare di amicizia con il popolo saharawi – un’eventuale espulsione di Hassanna Aalia rischierebbe di portarlo diritto nelle carceri marocchine. Mi farò carico di rappresentare il problema alla Commissione esteri del Senato, oltre che alle stesse autorità spagnole in Italia». Nel frattempo, l’avvocato di Hassanna, Javier Canivell, responsabile del servizio legale del Cear, ha già pronto un ricorso. «Faremo appello alla Corte Suprema nazionale. E se non bastasse ci rivolgeremo alla Corte europea».