Dalle indagini sulla sparatoria che lunedì notte ha fatto due vittime a Garland, Texas, emergono i contorni di un episodio di intolleranza legato ad estremismi incrociati: quello degli attentatori jihadisti che hanno sparato all’esterno della conferenza e quelli simmetrici dell’islamofobia militante che avevano organizzato il concorso «Draw Mohhamed» per la migliore vignetta sul profeta Maometto.

Il concorso che ha attirato nel sobborgo di Dallas fra le 200 e le 300 persone ha elargito 10.000 dollari alla migliore caricatura del profeta islamico, un ulteriore «premio del pubblico» di 2.500 dollari era stato messo in palio dal sito conservatore Breitbart.com in base ai voti dei lettori. La manifestazione era stata indetta dalla American Freedom Defense Initiative, una sedicente formazione per la difesa dei diritti umani fondata dalla pasionaria di destra Pamela Geller per combattere il «suprematismo islamico».

Ma l’associazione viene definite dagli osservatori, una formazione estremista dedita a fomentare l’odio contro i musulmani. Geller ha trovato la notorietà come una delle organizzatrici della campagna contro la costruzione di un centro di tolleranza islamica nei pressi di ground zero a Manhattan ed al convegno texano ha invitato come oratore l’attivista anti islamico olandese Geert Wilders. In passato Geller ha sponsorizzato una campagna pubblicitaria che sugli autobus di New York, Washington e San Francisco invitava a sostenere la «lotta di Israele contro la jihad» come «guerra fra uomo civile e selvaggio».

Con simili premesse il potenziale provocatorio dell’inziativa organizzata in Texas non era certamente inatteso come dimostrato dalle imponenti misure di sicurezza allestite all’esterno. Il cordone di sorveglianza composta da dozzine di agenti ha subito intercettato i due uomini armati che sono entrati nel parcheggio e hanno fatto fuoco, colpendo un agente della sicurezza alla caviglia. Gli agenti hanno a loro volta aperto il fuoco uccidendo gli assalitori. Uno di questi è stato identificato come Elton Simpson di 30 anni, afro americano originario di Chicago convertito all’Islam e residente da qualche anno a Phoeniz, Arizona. Simpson era stato già indagato per attività filo terroriste e rinviato a giudizio nel 2010 per aver progettato di recarsi in Somalia ed arruolarsi nelle brigate jihadiste di al’Shabaab.

Un risultato a dir poco insperato per Geller che da due giorni è ospite fissa di talk show nella anelata veste di (quasi) martire della libertà, gongolante ed indignata titolare di una guerra santa infine legittimata da un vero attentato.

Geller ha inoltre raggiunto l’obbiettivo di consolidare una internazionale islamofobica e stabilire con l’inedita presenza di Wilders, un sodalizio fra ambienti Tea Party e e del populismo xenofobo eruopeo.

Le vicende di Graland sono l’ultima ricaduta della strage di Charlie Hebdo, il tragico evento che ha ridefinito in modo imprevedibile i contorni del dibattito su laicità e libertà di espressione. Non a caso il manifesto del «summit» antimaomettiano in Texas comprendeva sia esempi di vignette danesi, sia la celebre copertina di Hebdo disegnata da Rénald Luzier. La strage di Parigi, così immediatamente cooptata dai leader mondaili con credenziali liberali a dir poco discutibili, ha aperto inediti confronti sulla libertà di espressione, gettando non poco scompiglio anche in ambienti intellettuali lungo i confini incerti fra laicità e integralismo. Un contraddittorio complicato sul diritto alla critica antireligiosa – anche blasfema – e la deriva islamofobica che dai fatti di Hebdo sta arroveallando le coscienze liberal occidentali.

In America in particolare gli sviluppi post-Hebdo hanno visto l’emergere di una accesa polemica contro «l’estremismo neo-ateista». Molti intellettuali hanno deplorato la vignette sacrileghe dei disegnatori francesi (subito appropriate dalla destra) come indicative di un intolleranza speculare al razzismo e all’antisemitismo. Un dibattito che ha esacerbato la tensione fra i capisaldi nazionali di libera espressione e pluralismo etnico religioso e complicato la critica dell’oltranzismo religioso «da sinistra». La polemica continuerà stasera quando «Pen» l’associzione americana degli autori assegnerà a New York il premio «coraggio di libera espressione» alla redazione di Charlie Hebdo. Un’inziativa da cui si sono dissociati con una lettera aperta 145 prestigiosi autori fra cui Joyce Carol Oates, Eric Bogosian e Michael Cunnigham. «È indubbio che l’assassinio di una dozzina di persone nella redazione di Charlie Hebdo sia una immane tragedia» hanno scritto i firmatari della protesta.

Ma questo premio, hanno aggiunto, rischia di onorare anche «materiale atto ad intesificare sentimenti anti islamici, anti maghrebini e anti arabi già troppo prevalenti nelle socità occidentali».