Sparatorie in almeno due luoghi: nei pressi e dentro il Parlamento (evacuato, al suo interno c’erano sia il primo ministro canadese, il conservatore Stephen Harper, sia gli esponenti dei partiti di opposizione) e nelle vicinanze del War Memorial. In un primo tempo la polizia di Ottawa aveva diffuso la notizia di spari anche nei pressi di un terzo luogo, un centro commerciale di Ottawa, ma la stessa polizia lo ha poi smentito via Twitter. Nell’immediatezza dei fatti le autorità hanno comunicato di aver colpito uno degli assalitori, ma fin da subito l’attacco è sembrato essere organizzato da più persone.

Uno dei soldati colpiti (sarebbero tre in totale) è morto in ospedale, così come uno degli assalitori, di cui ancora si ignora nome, nazionalità e motivazioni. Per precauzione è stata isolata tutta la zona, in serata si invitava la popolazione a non scendere per strada e non avvicinarsi alle finestre; isolata anche l’ambasciata americana (evacuata quella italiana), mentre il primo ministro canadese è stato immediatamente trasferito in un luogo sicuro.

«Abbiamo preso tutte le misure adeguate per assicurare che il Norad sia pronto a rispondere velocemente ad ogni emergenza», ha detto il portavoce del Comando di Difesa Aerospaziale del Nord-America Jeff Davis. Lo stesso Comando, poco prima, aveva ufficializzato di procedere ad aumentare il numero dei suoi aerei in stato di allerta, pronti a intervenire se necessario, dopo le tre sparatorie avvenute ad Ottawa.
La sensazione di essere di fronte a un attentato sospetto c’è stata fin da subito; la stessa Casa Bianca però, con una dichiarazione del portavoce di Obama, non ha azzardato in modo ufficiale un’ipotesi «terroristica». Uno dei ministri che ha usato Twitter per aggiornare sulla situazione in corso, ha specificato che il «Canada non si farà intimidire e terrorizzare», ma naturalmente si aspettano riscontri più efficaci da parte della polizia.

Di sicuro il Canada piomba in una situazione di difficile interpretazione: solo due giorni fa un soldato è stato ucciso, un altro è stato ferito, in un attacco di «matrice ideologica terroristica», secondo l’affermazione del premier canadese. L’attacco sarebbe stato condotto dal 25enne Martin Rouleau, poi ucciso dalla polizia durante un inseguimento. La polizia canadese ha specificato di tenere da tempo sotto controllo Rouleau, come sospetto estremista islamico. Il giovane si era convertito all’Islam circa un anno fa. Si faceva chiamare Ahmed e sosteneva la jihad sulla sua pagina Facebook. Lavorava come titolare di un’impresa di pulizie, abitava in una villetta di un quartiere residenziale di Saint-Jean-sur-Richelieu. Rouleau, insieme ad altri 90 individui considerati «pericolosi», sarebbero da tempo sotto monitoraggio da parte della polizia canadese.

Bisogna aggiungere, infine, che i politici canadesi non dovrebbero certo stupirsi, se il proprio paese dovesse diventare un potenziale target di islamisti radicali. Paese fondatore della Nato, il Canada è stato tra i più fervidi alleati americani nelle guerre degli ultimi 13 anni condotte da Washington.

Il primo ministro Harper, inoltre, é stretto alleato del governo israeliano di Netanyahu. Nei mesi scorsi ha giustificato i raid sulla Striscia di Gaza e ha sempre osteggiato le iniziative diplomatiche di Abu Mazen per un riconoscimento della Palestina dall’Onu. Il Canada di Harper ha partecipato «all’esportazione della democrazia» in Afghanistan e si è reso complice, come sottolineato solo un paio di giorni fa dal giornalista Glenn Greenwald su The Intercept , di operazioni della «guerra al terrore» tra le più estreme (extraordinary rendition e torture, come dimostrato dal caso dell’ex prigioniero di Guantanamo Omar Khadr che ha chiesto a Ottawa un risarcimento di 20 milioni di dollari). E proprio nei giorni scorsi il primo ministro canadese ha annunciato con grande enfasi l’invio di jet militari in Iraq per combattere l’estremismo islamico, mentre il ministro della Difesa Rob Nicholson è volato ad Alberta a benedire i C-18 pronti al decollo per andare a combattere l’Isis.

Non solo, perché anche il Canada, come altri paesi Nato, sta approntando nuove misure contro «il terrorismo»: è al vaglio una procedura per consentire ancora maggiori libertà, autorità e strumenti agli agenti del Csis (il servizio di intelligence nazionale) per monitorare potenziali minacce terroristiche alla sicurezza nazionale del Canada. Steven Blaney – il ministro della pubblica sicurezza – solo una settimana fa – ha tenuto una conferenza stampa durante la quale ha sottolineato la decisione «di aderire con altri alleati globali del Canada» alla lotta contro l’Isis: «Stiamo prendendo una chiara posizione contro coloro che commettono atrocità contro civili innocenti».