Colpo di scena a Berlino. Non sarà Sigmar Gabriel a sfidare Angela Merkel alle elezioni di settembre, ma Martin Schulz. La decisione, resa nota ieri a sorpresa, è dello stesso Gabriel, che lascerà all’ex presidente del Parlamento europeo anche la leadership del Partito socialdemocratico (Spd). Le ragioni del doppio passo indietro in un’intervista al settimanale Stern: «Schulz rappresenta un nuovo inizio».

La sostanza politica è tutta qua: Gabriel si è reso conto di essere identificato come «l’uomo della grande coalizione» fra socialdemocratici e democristiani (Cdu/Csu), e sa dunque di non avere alcuna credibilità per porsi come reale alternativa alla cancelliera in carica. Non solo: i sondaggi mostrano da mesi che Schulz gode di maggiore popolarità, e non è un mistero che i potenziali alleati di un governo di sinistra, cioè Linke e Verdi, gradiscano di più l’ex numero uno della Camera di Strasburgo dell’attuale vice di Merkel.

Da ieri dunque sono leggermente aumentate le chance che le urne del 24 settembre possano portare alla fine della grosse Koalition e a una svolta progressista, ma è uno scenario che attualmente resta poco probabile.

Innanzitutto per i numeri: le inchieste di opinione dicono che oggi i tre partiti «a sinistra del centro» non avrebbero la maggioranza (la somma dà solo il 40,5%). Ma ci sono anche ragioni politiche: Schulz non è più a sinistra di Gabriel, e dunque non è affatto detto che conduca il partito verso posizioni diverse dalle attuali.

Non a caso, la Linke ha preso con molta prudenza la notizia: «Se Schulz sia un segno di una svolta progressista è incerto», ha affermato la co-segretaria Katja Kipping. «Lo si vedrà dalla sua disponibilità a tassare i ricchi, a combattere davvero la povertà e a non militarizzare l’Europa». Chi si dice convinta che la candidatura di Schulz rappresenti un cambio di rotta è la sinistra interna alla Spd: «È l’uomo giusto per difendere i valori della socialdemocrazia», ha dichiarato il portavoce Martin Miersch. Nessuna reazione è giunta ieri da Merkel, né dai populisti di destra dell’Afd, che si troveranno di fronte un uomo-simbolo della Ue.

La mossa di Gabriel non è un ritiro totale dalla politica: l’ormai ex leader socialdemocratico resterà nel governo, e probabilmente passerà dal ministero dell’industria a quello degli esteri, poltronissima lasciata libera da Frank-Walter Steinmeier, designato quale nuovo presidente della Repubblica.