«Catanzaro è città rupestre. Le città rupestri invitano al volo. Come dire che le città rupestri sono altrettante piattaforme del tormento. Nelle città rupestri ci si sente aquila. Ma sentirsi aquila e non essere aquila, è forse condizione felice?» (Alberto Savinio, Partita Rimandata).
Recuperare nel ricordo la struttura urbana di città, per Catanzaro, vuol dire cancellare, seppure idealmente, l’aggressione subita dalla furia dell’abbandono e della cattiva gestione del territorio che ne hanno stravolto l’essenza. È inevitabile, in questo processo di riscoperta delle origini, il confronto con i racconti dei viaggiatori del passato che, per caso o per curiosità, ne hanno descritto qualche impressione. È possibile in questo modo riscoprire l’identità di una città che si mostrava agli stranieri con la sua antica e fiera dignità.
Ancora nel 1838, Arthur Strutt la descrisse con la sua struttura originaria di insediamento fortificato d’altura: «Scendemmo e subito fummo in vista di Catanzaro, che sorge in posizione quasi inespugnabile, su di una roccia che domina un vertiginoso burrone attraversato da un torrente spumeggiante». Questa la forma che si diede all’insediamento che, secondo le fonti, Flagizio ideò per radunare la popolazione sparsa nel territorio nell’XI secolo d.C., sotto il regno dell’Imperatore bizantino Costantino IX Monomaco. La città divenne sede vescovile in età normanna e acquisì presto grande importanza come contea sotto la famiglia dei Loritello.
Il territorio circostante, vasto e compreso tra le valli fluviali del Corace e dell’Alli, rimase florido e produttivo a lungo e lo era ancora quando George Gissing guardando gli agrumeti della vallata rivolta a mare scrisse: «Nella mia geografia ideale, sta scritto che tra Catanzaro e il mare si trovano i giardini delle Esperidi».
Nella sua storia, la città si è caratterizzata per un precoce abbandono della dimensione contadina a vantaggio di una caratterizzazione artigianale che ha avuto il suo apice nella produzione serica, prospera fino al XVIII secolo, quando iniziò lentamente il suo declino a causa della crisi dovuta al processo di industrializzazione degli altri paesi europei che invasero i mercati con prodotti a più basso costo. Della struttura urbanistica originaria poche tracce oggi visibili, tra le rovine del Castello di San Giovanni o sotto il pesante Duomo ricostruito, restano a testimonianza dell’estensione urbana; tra tutte queste il solo edificio in buone condizioni è il portico di un palazzo di città di età normanna, conservato grazie alla sua riutilizzazione come chiesa, oggi ridedicata a S. Omobono.
Il resto dorme sotto le nuove vesti della modernità indossate dalla città anche a costo di gravi perdite: il vecchio Teatro Politeama, Palazzo Serravalle, Porta di Mare, solo per citare i casi più eclatanti e sofferti. Il danno oramai è fatto, tuttavia in soccorso viene la pianificazione ottocentesca, a tratti ben custodita, che restituisce ad ampi tratti della città un buon effetto visivo d’insieme con elementi di grande pregio quali ad esempio Palazzo Fazzari, sul Corso Mazzini, elegante esempio in stile neo-rinascimentale fiorentino, che ha al piano strada una delle più antiche e più belle farmacie della Città, o l’elegante prospetto del Convitto Galluppi che scorta lo sguardo per un ampio tratto. Anche l’intricato reticolo di vicoli, caratterizzati da un disordine ordinato di piccole viuzze ricche di storia è da tempo in rigenerazione e promette un futuro meno disattento.
Di più è stato fatto per le antiche strutture museali della città, per quel Museo Provinciale, che fu il primo dell’Italia Unita in Calabria. Oggi l’antica sede occupata dalle collezioni archeologiche è aperta ai visitatori nell’accogliente Villa Comunale, mentre il Marca ospita la quadreria e la gipsoteca.
Nei suoi spazi le importanti esposizioni portano in città il meglio dell’arte contemporanea mondiale; i grandi artisti di oggi sono in colloquio continuo con quelli di un tempo, Antonello de Saliba, Battistello Caracciolo, Andrea Sacchi, Mattia Preti e le glorie artistiche del territorio, Andrea Cefaly e Francesco Jerace.
Un laboratorio contemporaneo è anche il Complesso Monumentale del San Giovanni che oggi propone performances artistiche di grande novità, ma che in passato è stato lo sfondo della più importante mostra sulla Magna Grecia mai realizzata nel meridione d’Italia. Il risveglio delle coscienze cittadine passa anche da una sempre più forte realtà associativa che propone importanti eventi culturali; tra gli attori di questi eventi, è bene ricordare l’Imes Catanzaro, l’Associazione Gutemberg, il Fai, il Circolo Placanica e la Fondazione Andrea Cefaly che, coinvolgendo le giovani forze, tentano di tracciare una strada finalmente non più disattenta delle proprie origini e della propria radice identitaria.