Era il 1982 quando fece il suo debutto a Cannes quello che ancora oggi resta uno dei film più amati e di maggior successo di Steven Spielberg: E.T. E ieri il regista americano era di nuovo al Festival francese per presentare fuori concorso il suo The Bfg, per il quale è tornato a fare squadra dopo 34 anni con la stessa Melissa Mathison che aveva sceneggiato proprio E.T. L’extraterrestre, scomparsa proprio l’anno scorso. “Quando ho saputo che Melissa era stata assunta per scrivere l’adattamento del libro di Roald Dahl da cui The Bfg è tratto ho capito che sarebbe stato meraviglioso poter dirigere il film”, ha detto Steven Spielberg alla conferenza stampa di presentazione di questo suo ultimo lavoro, che in Italia uscirà a gennaio dell’anno prossimo.
Come già il classico del 1982, The Bfg è un film pensato per i più giovani, anche se è ovviamente accessibile da un pubblico universale.

Prima ancora di immaginare che un giorno l’avrebbe portata sul grande schermo, Spielberg racconta infatti di essersi accorto dal potenziale della storia di Roald Dahl – in italiano Il Ggg, il grande gigante gentile – leggendo il romanzo ai suoi figli. “Prima di affidare il ruolo a Mark Rylance, il grande gigante gentile sono stato io quando leggevo questo libro ai miei figli, e la loro reazione era entusiasta. È quello che cerco costantemente: una buona storia, e il loro coinvolgimento mi ha fatto capire che ce l’avevo proprio sotto il naso”.
Per questo come spiega la produttrice Kathleen Kennedy – fondatrice insieme a Frank Marshall e lo stesso Spielberg della Amblin Entertainment, che produce i film del regista da I predatori dell’arca perduta – i diritti per adattare il libro di Dahl uscito nello stesso anno di E.T. erano già stati comprati dal 1993. “Con Steven abbiamo parlato di questo progetto per anni. Finché finalmente la tecnologia non si è evoluta fino a permetterci di realizzare il film come lo abbiamo sempre avuto in mente”.

Per Spielberg, The Bfg “è quanto più mi sia mai avvicinato a raccontare una storia d’amore, anche se un amore non convenzionale”. L’amicizia tra il gigante buono del titolo e una piccola orfanella inglese – omaggio agli orfani dickensiani che infatti legge Nicholas Nickleby per addormentarsi – parla per il regista di un amore che è paragonabile a quello dei bambini per i loro nonni, o al loro affetto reciproco. “Ma il valore più importante che ci comunica questo racconto – osserva Spielberg – è la capacità di accogliere le differenze, di accettare l’altro”. Un messaggio che potrà raggiungere inalterato ogni angolo del globo, aggiunge, “dal momento in cui in ogni paese si deciderà come tradurre le parole deformate che fanno parte del linguaggio del gigante”.

La sua parte preferita del libro è però quella in cui la piccola protagonista Sophie e il suo gigante gentile sono ospiti della regina Elisabetta – interpretata da Penelope Wilton – a Buckingham Palace per la colazione, dando origine a una lunga trafila di gag. “La regina d’Inghilterra ha un gran senso dell’umorismo – dice Spielberg – per cui non credo che si offenderà”.