Mi soffermo su tre paragrafi del sesto ed ultimo capitolo della Enciclica Laudato si’ dove Francesco ragiona di «conversione ecologica». «Desidero proporre ai cristiani alcune linee di spiritualità ecologica che nascono dalle convinzioni della nostra fede, perché ciò che il Vangelo ci insegna ha conseguenze sul nostro modo di pensare, di sentire e di vivere».

Si rifà ad un punto del magistero di Benedetto XVI che nella Caritas in veritate riflette sulle implicazioni morali d’ogni atto economico quando, considerato che «il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace), constata che «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi» (Omelia per il solenne inizio del ministero petrino).

Ne consegue, dice Francesco, che «la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore».

Un mutamento spirituale che «comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo» che ci circonda. L’enciclica esorta i cristiani far tesoro del «modello di san Francesco d’Assisi, per proporre una sana relazione col creato come una dimensione della conversione integrale della persona».

È nello spirito della più autentica ispirazione di san Francesco che la evocazione evangelica trovi il suo riscontro nel «creato». Creato e parola divina di salvazione coincidono. Francesco riconosce in ogni luogo la presenza divina sì che interiorità ed esteriorità si riflettono l’una nell’altra, si compenetrano, si sciolgono a farsi uno.

Rammentiamo il capitale passo delle Considerazioni sulle stimmate. Nel sito della Verna è registrata, una volta per sempre, la permanenza dell’ora della passione e morte di Cristo che imprime tutt’attorno, nella natura, il segno del suo accadere e del sempre nuovo suo persistere.

Leggiamo, per esteso, la celebre pagina: «Ivi a pochi dì, standosi santo Francesco allato alla detta cella e considerando la disposizione del monte e maravigliandosi delle grandi fessure e de’ sassi grandissimi, si pose in orazione; e allora gli fu rivelato da Dio che quelle fessure così meravigliose erano state fatte miracolosamente nell’ora della passione di Cristo, quando, secondo che dice il Vangelista, le pietre si spezzarono. E questo volle Iddio che singolarmente apparisse in su quel monte della Verna, a significare che in esso monte si dovea rinnovare la passione di Gesù Cristo, nell’anima sua per amore e compassione, e nel corpo suo per impressione delle Stimmate».

Impressione, ovvero impronta e segno, tale nel corpo di Francesco quale nel luogo che lo accoglie, ove dimora, a significare una armonia, una reciprocità, una pienezza di «spiritualità ecologica». Là dove il mistico e il contemplativo si convertono in una operante e attiva interrelazione uomo-natura.

Oggi agisce una poderosa demolizione dell’ambiente. Essa risponde a imposizioni d’ordine economico, ma è condotta per colmare di scorie e detriti che illudono benessere un vuoto interiore alimentato da «l’ossessione per uno stile di vita consumistico».

I «deserti interiori» che ci annullano esigono il rifiuto di ogni moderazione e negano il riconoscimento d’un qualsiasi limite, mentre accolgono ed esaltano l’esercizio permanente della violenza mettendo in opera distruzioni continue. Dice Francesco: «La spiritualità cristiana propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita e incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo».