«Vergognoso», «offensivo», «insultante». I lavoratori del pubblico impiego, in corteo a Roma con 25 sigle sindacali, bocciano l’offerta di aumento presentata dal governo Renzi, e si preparano allo sciopero. «Se non avremo risposte entro fine anno faremo un’altra manifestazione, e questa volta non sarà di sabato o di domenica», dice in modo piuttosto esplicito il leader Uil Carmelo Barbagallo. E Susanna Camusso, segretaria Cgil, rincara: «Noi non ci fermeremo, non aspetteremo l’approvazione della legge di Stabilità rimanendo fermi».

Nel lungo corteo di bandiere che attraversa il centro della capitale (da Repubblica a Piazza Venezia, 30 mila persone secondo i sindacati) troviamo tutte le figure del pubblico, «le persone che lavorano per le persone», recita efficacemente uno slogan: vigili del fuoco, ministeriali, insegnanti, medici, infermieri. Ricercatori, dipendenti delle agenzie fiscali, forestali. Lavoratori dei comuni, delle (ormai quasi del tutto soppresse) province, delle prefetture.

«La cifra che ci offre il governo è una provocazione, è offensiva – urla Martina dal palco, parlando a nome di tutti i lavoratori in piazza – Dopo sei anni di blocco dei contratti, ha dovuto costringerli una sentenza della Corte costituzionale, e nonostante questo ci offrono degli spicci, una mancia di pochi centesimi al giorno, 8 euro lordi al mese. I 300 milioni che vengono stanziati non sono nulla, ed escludono enti locali, sanità, università e istituti di ricerca: tutti settori a cui il governo ha detto di reperirsele da soli, le risorse, se vogliono fare anche loro contrattazione».

«Il governo abbia il coraggio di aprire i tavoli – dice Camusso – La smetta di mostrare i muscoli e faccia cose concrete. Si è presentato come il governo della modernizzazione ma invece incarna l’unilateralità. Sembra “Ercolino sempre in piedi”, un gioco della nostra infanzia, che oscillava ma alla fine rimaneva sempre lì, non faceva mai un passo avanti».

Secondo la segretaria della Cgil, stanziando solo 300 milioni il governo fa capire chiaramente «che non vuole aprire i rinnovi». «È un governo inadempiente non solo rispetto ai diritti dei lavoratori ma anche di fronte alla Corte costituzionale». Alla ministra Madia, «per cui sembra che esista una sola parola: licenziamenti», Camusso ricorda «che le norme per licenziare chi è colpevole esistono già: noi piuttosto ci chiediamo chi, tra i dirigenti e le amministrazioni, non le voglia applicare».

E il ministro Poletti, dopo la contestata frase sul rapporto tra retribuzione e orario di lavoro, diventa «Ufo Robot»: «È evidente che non conosce il rapporto che c’è tra la fatica e il tempo-lavoro».

Per Camusso, la manifestazione non è limitata però solo al nodo del contratto, visto che interessa i servizi che il cittadino riceve dal pubblico: «Tagliano da anni la sanità, e con l’attuale legge di stabilità si prepara un nuovo pesante intervento. Inoltre, con il blocco del turn over, non si permette un rinnovamento delle pubbliche amministrazioni, mentre i giovani restano a casa e chi invece vorrebbe andarsene – perché è stanco e non ce la fa più – è costretto a rimanere. Non tutti i lavori sono uguali, esiste la fatica».

«Ci spiegano che la colpa della crisi in questo Paese è dei lavoratori, dei pensionati e del sindacato. La devono smettere», ha detto il segretario generale della Uil. «Pubblico6tu», il nostro slogan, è quello giusto: «Perché noi dobbiamo fare una grande alleanza».

Barbagallo ha ricordato che per il rinnovo dei contratti pubblici il sindacato chiede «150 euro di aumento» e ha quindi ribadito la necessità che si aumentino gli stanziamenti in legge di stabilità: «Devono metterci i soldi», ha insistito.

Infine ha fatto riferimento a un’altra partita unitaria su cui Cgil, Cisl e Uil stanno puntando: la modifica della legge Fornero sulle pensioni. Ci sono tre assemblee in contemporanea già convocate per il 17 dicembre, a Torino, Firenze e Bari, dove verrà illustrata la proposta dei confederali per «l’uscita flessibile e la staffetta generazionale». Anche su questo fronte «se non ci saranno risposte – ha concluso Barbagallo – con l’anno nuovo la Befana porterà il carbone a Palazzo Chigi».

«Sul blocco del contratto del pubblico impiego c’è stata anche una sentenza della Corte costituzionale, ma il governo fa finta di non sentire e dopo sei anni offre 5 euro – dice dal palco la segretaria della Cisl Annamaria Furlan – Non c’è dignità in una offerta di questo genere da parte di chi la pone. Si vergogni il governo».

«Il governo trovi le risorse adeguate per un rinnovo dignitoso, altrimenti certo la nostra lotta non si può fermare – ha rincarato la leader della Cisl – Spero che questa manifestazione basti e che si inizi da subito a sbloccare il tavolo».

L’esecutivo ha fatto capire più volte che non intende stanziare di più dei 300 milioni annunciati, visto che le risorse scarseggiano: tranne ovviamente quando si tratti di estendere gli 80 euro a tutte le forze di polizia (anche a chi era escluso per reddito dalla misura originaria), provvedimento motivato dall’emergenza terrorismo.

«Ma le risorse ci sono – ha detto Barbagallo – I 200 miliardi tra evasione, corruzione e furti, e ci pagheremmo non solo i contratti ma anche parte del debito pubblico». E poi «ci sono i 300 mila posti persi negli ultimi 15 anni, i miliardi risparmiati dal 2010 con il congelamento dei salari». Camusso la pensa più o meno allo stesso modo: «Quei 300 milioni i lavoratori se li sono già pagati da soli, visti i blocchi prolungati del salario accessorio e del turn over».

Tra le 25 sigle presenti, anche Gilda e Confsal. Per Paolo Nigi, del Confsal, «il governo discrimina e impoverisce i lavoratori».