Tra le alte volte della stazione ferroviaria Victoria nel centro di Londra sventolano le bandiere dell’Union Jack. Ma ovunque nella capitale del Regno Unito si respira il clima della giornata storica, mentre chi può si sta mobilitando per appoggiare la vittoria dei «no» al referendum scozzese di domani che potrebbe per la prima volta spaccare in due l’isola di sua maestà.

Qualche migliaio di persone si sono radunate a Trafalgar Square nella serata di lunedì nel tentativo di persuadere gli scozzesi a esprimersi contro l’indipendenza. Intorno alla Colonna Nelson si è aggiunta ai gruppetti di turisti che quotidianamente animano la piazza una folla variegata di gente comune, con le bandiere del Regno Unito tra le mani, motivata dallo storico Dan Snow che insieme all’attivista Bob Geldof, agli attori Eddie Izzard e Al Murray hanno organizzato l’assembramento. Mentre tutti i sondaggi della vigilia confermano che la differenza di voti tra i «sì» e i «no» è davvero risicata, la campagna di Snow, dal nome evocativo «Stiamo insieme», ha ottenuto il sostegno di decine di personalità, politici e alti funzionari inglesi. Tra questi, il calciatore David Beckham, l’ex governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan, e il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick. Geldof, salito sul palco di Trafalgar Square, ha ammesso: «Siamo tutti stanchi di Westminster», concludendo che vale però ancora la pena salvare il Regno Unito.
Anche il fondatore della campagna «Meglio insieme», Alistair Darling ha avvertito quanto negli ultimi giorni il clima dello scontro referendario si stia inasprendo come non mai. «È deprimente vedere l’animosità con cui si scontra chi fa campagna per il “sì” e il “no” all’indipendenza», ha denunciato. Secondo Alistair poi, basterebbero i nuovi poteri che acquisirebbe automaticamente il parlamento scozzese in caso di una vittoria dei «no» al referendum per rendere il sistema sanitario (Nhs) scozzese più stabile. L’Nhs potrebbe in questo modo ottenere più fondi per ospedali e infrastrutture sanitarie locali. Darling ha poi ribattuto ai sostenitori dell’indipendenza, secondo cui votare «sì» comporterebbe maggiori privilegi per gli scozzesi. «Alex Salmond (leader del Partito nazionalista scozzese, ndr) aspetta il risultato del voto per annunciare il buco della sanità scozzese e i suoi progetti di privatizzazione», ha denunciato Alistair.

Una sostenitrice del
Una sostenitrice del “no” (Reuters)

L’ultimo richiamo all’unità nazionale è venuto lunedì sera proprio dal premier David Cameron. «La Gran Bretagna è diventata tale grazie alla grandezza della Scozia», ha detto nel suo ultimo appello alla vigilia del voto il primo ministro conservatore. «Non fate a pezzi questa famiglia», ha implorato il premier, nel suo comizio conclusivo ad Aberdeen, nel cuore industriale e high tech della Scozia, nel tentativo di scongiurare un «divorzio doloroso» dopo il voto. Cameron ha ripetuto il suo appello sotto la grande scritta evocativa «Let’s stick together» (Restiamo insieme). La Scozia non potrà più tornare indietro: in ballo «è il futuro del nostro paese», ha rincarato Cameron.

Non solo, il premier e il vice-premier, David Cameron e Nick Clegg, insieme al leader laburista, Ed Milliband, hanno firmato una lettera, pubblicata sulla stampa locale ieri, in cui promettono di garantire maggiori privilegi fiscali e finanziari alla Scozia in riferimento alla formula Barnett che prevede aumenti automatici nei livelli di spesa allocati a livello centrale per Scozia e Irlanda del Nord per ogni variazione approvata in Inghilterra.

Eppure i «secessionisti» scozzesi sono pronti a tutto. Secondo il Times, mentre impazza la campagna per il «sì» al divorzio da Londra sui social network, sono migliaia i volontari che stanno distribuendo milioni di volantini e cartelloni in tutto il paese chiedendo la fine dell’Unione con Londra. E così le banche britanniche restano vigili e temono che in caso di vittoria dei «sì», si darebbe il via all’assalto degli sportelli bancari scozzesi.