Studenti medi oggi in piazza in settanta città contro la «Buona Scuola». Sarà anche la prima manifestazione di un’agenda che si intreccia con l’evento clou dell’anno: il referendum del 4 dicembre. La Rete della Conoscenza, ad esempio, ha aderito alla «mobilitazione popolare» del 29 ottobre, giorno di apertura ufficiale della campagna elettorale per il «No». «Il governo ci accusa di essere conservatori – sostiene Francesca Picci, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti – Noi pensiamo che la Costituzione vada cambiata, ad esempio i Patti Lateranensi che prevedono l’esclusivo insegnamento nelle scuole della religione cattolica».

La decisione di manifestare per il «No» alla riforma costituzionale si lega all’analisi della «Buona Scuola», l’altro pilastro della politica renziana. All’istituzione del «preside-manager» e al rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro – «Un’occasione per avviare al lavoro gratuito e allo sfruttamento, non di vera formazione» – gli studenti oppongono un’idea collegiale e cooperativa di istruzione «in linea di continuità tra democrazia, istruzione e Costituzione».

Altro capitolo della mobilitazione è quello delle politiche del governo per gli studenti. Nella prossima legge di bilancio spunterà un nuovo anglismo: lo «Student Act». Dopo una stagione di bonus a pioggia ispirata alla cabala del numero 500, Palazzo Chigi proseguirà la politica delle mance e delle discriminazioni. Nel provvedimento spunteranno 500 «talenti» «superbravi» (non «plusdotati», espressione usata ma poi ritirata in quanto forse troppo eugenetica). Non si conoscono ancora i criteri che saranno usati per questa caccia al tesoro da condurre nelle scuole italiane. I pochi fortunati «supergeni» saranno adottati dallo Stato con corsi di formazione e master, anche all’estero. Previsti fondi da 270 milioni di euro contro i 290 già stanziati per un’altra iniziativa populistica: il bonus dei 500 euro ai neo-diciottenni. Misura – già rimandata più volte e ancora oggi ai preliminari – che dovrebbe essere rinnovata anche per il prossimo anno. In un anno il governo ha dunque erogato misure tanto dispendiose quanto incerte – nei presupposti quanto nella legittimità costituzionale – pari a 560 milioni di euro senza cambiare di una virgola il claudicante sistema del diritto allo studio a cui saranno destinati solo 50 milioni di euro. Invece di creare un reddito, mance per qualcuno (i 18enni e basta) e una tutela per pochissimi.

A questi spiccioli si aggiungono misure parziali come i 96 milioni per una «no-tax area» per gli studenti meno abbienti (la soglia di reddito dovrebbe aggirarsi attorno ai 13 mila euro), soglie che non rispondono alle richieste di studenti e sindacati. «È una “caccia al voto” in vista del referendum, vogliono comprare i diritti degli studenti in cambio briciole – sostiene Picci – Il programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze prevede un investimento pari a 2,3 milioni di euro da destinare, in scuole sia pubbliche che paritarie, agli studenti che nell’anno 2016 hanno conseguito la maturità con 100 e lode. È inaccettabile che si faccia concepire il percorso di studi come una sfida a chi corre e chi guadagna di più. Il governo promuove la stratificazione delle categorie sociali in base a logiche meritocratiche e competitive che accentuano disuguaglianze e guerra tra poveri».