Mercati, partiti d’opposizione e senso comune uniti nel chiedere la testa di Jacob Zuma. Il motivo: un giudizio di inaffidabilità del presidente. È questo l’epilogo che consegue alla mossa a sorpresa con cui il capo di stato sudafricano – che soffre ormai da tempo di un calo stringente di consensi – ha silurato nel giro di poco più di una settimana ben due ministri delle finanze senza fornire chiare motivazioni. E che ha visto il Tesoro passare dalle mani di Nhlanhla Nene dopo 18 mesi, a quelle del meno conosciuto David Van Rooyen dopo soli quattro giorni e in ultimo di Pravin Gordhan già ministro delle finanze sotto Zuma dal 2009 al 2014.

Decisione che ha portato il rand – la valuta sudafricana – ai suoi minimi storici (circa il 5%) e a perdere il 9% del suo valore di fronte all’euro e al dollaro. In migliaia di sudafricani hanno risposto ieri (ricorrenza del Day of Reconciliation con cui il Sudafrica celebra la fine del conflitto razziale) alla chiamata in piazza lanciata sui social sotto il non poco eloquente #ZumaMustFall, a Port Elizabeth, George, Durban, Johannesburg, Pretoria e Cape Town agitando cartelli quali «Save South Africa» e «Recall Zuma now». In tutta risposta il presidente durante il suo discorso di commemorazione della giornata della Riconciliazione al Nelson Mandela Metropolitan University di Port Elizabeth, ha implorato i manifestanti a non ricorrere a metodi di lotta in voga durante il regime per rovesciare il governo: «Noi esageriamo i nostri problemi e facciamo sì che la gente pensi che i sudafricani siano persone buffe; mentre la gente ci invidia di essere sudafricani».

D’altro canto, respingendo ogni rumour secondo cui l’African National Congress (Anc) – lo storico movimento di liberazione contro l’apartheid al governo dalla fine di quel regime – potrebbe considerare di sfiduciarlo sull’onda delle proteste e dell’andamento dei mercati, il partito invece ha fatto quadrato attorno a Zuma rendendo noto – attraverso il portavoce Zizi Kodwa – che non è in discussione alcuna ipotesi in tal senso.

L’agenzia di rating Moody ha declassato il Sud Africa da «stabile» a «negativo», sulla base di una forte probabilità che la crescita economica resterà bassa per un periodo prolungato di tempo.

La rimozione dell’ex ministro delle finanze Nhlanhla Nene è arrivato in un momento buio per l’economia sudafricana schiacciata tra il ribasso a livello globale dei prezzi delle materie prime e una forte aspettativa di un rialzo dei tassi di interesse negli Stati uniti.

A prendere il posto di Nene è stato per pochi giorni David Van Rooyen, deputato, membro di Anc e della sua ala militare ormai disciolta l’UmKhonto we Sizwe. Cosa ci sia dietro la decisione di Zuma non è ufficialmente stato reso noto. Sin dalla sua elezione, Nene aveva insistito nel fissare un tetto alla spesa pubblica e a limitare l’entità degli aumenti salariali per i dipendenti pubblici.

Mettendo in discussione in questo modo una ben collaudata pratica di tenuta del potere da parte di Anc – quella di aumentare la spesa pubblica nel settore del pubblico impiego e del welfare – per controbilanciare il calo dei consensi elettorali.

Secondo la stampa locale Nene sarebbe stato vittima di un rimpasto per aver criticato Dudu Myeni il presidente della compagnia di bandiera South African Airways – e a capo della Jacob Zuma Foundation – accusandolo di mala gestione di un accordo che vale miliardi di rand con Airbus. A giocare un ruolo non marginale contro Nene anche il fatto di opporsi a un ambizioso piano del governo del valore di circa 100 miliardi di dollari per la costruzione di una centrale nucleare per ovviare alla scarsità di energia elettrica. Un investimento secondo molti analisti non alla portata delle finanze del Paese.