Sono due i principali punti di convergenza del secondo congresso di Syriza, conclusosi domenica scorsa ad Atene: da una parte il bisogno di continuare a governare il paese, e dall’altra, dimostrare la capacità di portare avanti una chiara politica di sinistra. Alexis Tsipras è stato rieletto presidente del partito con il 93,5% dei voti (al congresso fondativo del 2013 ne aveva ottenuti il 74%), mentre nel nuovo comitato centrale composto da centocinquantuno membri, i più votati sono stati il ministro delle finanze Efklidis Tsakalòtos e quello dell’istruzione Nikos Fìlis. Ciò che è emerso chiaramente, quindi, è che «il popolo di Syriza» vuole un partito schierato a sinistra, pur senza arrivare a posizioni nostalgiche del comunismo ortodosso da Kke. Quello che si teme – e che si vuole evitare – è la possibilità di un cammino simile al Pasok di Andreas Papandreou. Di un partito con forti rivendicazioni sociali ma che negli anni, specie dopo l’ascesa al potere, si è gradualmente spostato verso il centro. La constatazione è che il dialogo con la socialdemocrazia europea deve rimanere aperto (se non altro, per spirito di realismo) ma che ciascuno deve poter salvaguardare le proprie identità.

Nel suo intervento, Alexis Tsipras ha sottolineato che il governo di Atene è riuscito a creare delle alleanze solide in Europa, e che, avendo mantenuto i propri impegni «si attende che facciano lo stesso le istituzioni creditrici e i partner della Grecia, senza ritardi e senza rimandare». Il riferimento è alla questione dell’alleggerimento del debito, che Moscovici vorrebbe risolvere entro la fine dell’anno, mentre il falco Schauble ha fatto sapere di voler posporre per la fine del 2018. «Manteniamo aperti tutti i fronti, interni ed esterni. E questo non avviene per sbaglio o per noncuranza, ma per scelta politica», ha aggiunto Tsipras, volendo far arrivare il messaggio che Syriza è sì partito di governo, ma non dimentica la lotta. E questi fronti, oltre al debito, sono quelli dell’imminente trattativa sui diritti del lavoro (con la possibilità di reintrodurre i contratti collettivi) e, sul fronte interno, il braccio di ferro per le televisioni private a trasmissione nazionale, che secondo la nuova legge dovranno essere ridotte a non più di quattro.

 

18 europa congresso

Nel suo intervento Tsakalòtos ha voluto chiarire che «anche se non si è ancora giunti alla fine della crisi, quello che è certo è che non si tornerà al neoliberismo». «Dobbiamo usare ogni spiraglio, dobbiamo discutere con la socialdemocrazia senza dimenticare mai che siamo un partito della sinistra europea», ha aggiunto il responsabile del ministero delle finanze, il quale ha voluto anche difendere il suo predecessore, Jannis Varoufakis: «Se anche al posto di Varoufàkis ci fosse stato San Francesco di Assisi, sui primi mesi del governo di Syriza avrebbero detto le stesse cose, perché volevano che la sinistra fallisse», ha detto con enfasi Tsakalòtos. «È giusto collegare la realizzazione di quanto deciso con i partner, alla soddisfazione delle richieste sul debito, ma anche all’ovvio principio democratico che la società non può obbedire a una autorità massima chiamata competitività», gli ha fatto eco il responsabile del dicastero dell’istruzione, Fìlis. Il ministro alla presidenza Nikos Pappàs – strettissimo collaboratore di Tsipras – ha ricordato che «con questo governo hanno avuto accesso alle cure della sanità pubblica due milioni e mezzo di cittadini senza contributi previdenziali, il pagamento dei debito verso lo stato è stato dilazionato in cento rate e l’anno scolastico è iniziato senza le solite carenze di maestri e professori».

Finito il congresso, si ritorna alle urgenti e difficili sfide di ogni giorno: al primo posto dell’agenda c’è la possibilità di concludere la verifica dell’applicazione di quanto pattuito da Atene con i creditori, entro il 30 novembre. La trattativa, questa volta, riguarda il management delle banche e la gestione dei crediti deteriorati delle banche stesse. Il passo immediatamente successivo dovrebbe riguardare il debito, con delle concessioni a favore di Atene.