In un giorno solo, Alexis Tsipras ha perso il suo successore e pure il predecessore. Nella riunione della segreteria politica di Syriza, alla quale ha partecipato per sostenere che l’obiettivo è «ottenere un mandato chiaro per quattro anni» e che il partito «deve incontrare la società», il premier si è trovato a dover fare i conti con la lettera di dimissioni del segretario Tasos Koronakis, con il quale aveva condiviso la militanza fin dai tempi del G8 di Genova e poi quando si erano ritrovati a essere il primo (Tsipras) segretario della neonata Coalizione della sinistra radicale e l’altro leader del movimento giovanile.

Koronakis non è stato tenero con il primo ministro, accusato di aver «svalutato» il partito, non tenendo conto delle decisioni del Comitato centrale (che si era espresso a maggioranza contro il Memorandum) e convocando le elezioni senza tenere in considerazione Syriza, provocando in questo modo la fuoriuscita non solo della minoranza interna, ma l’esplosione dell’intera Coalizione. Nella lettera che si conclude con le dimissioni il segretario non risparmia neppure la Piattaforma di sinistra, pure accusata di avere una «responsabilità significativa» nella «continua svalutazione del partito».

Si tratta di una defezione pesante non solo perchè Syriza si ritrova senza segretario nel momento di maggiore difficoltà e neppure per il fatto che Tsipras perde una figura della sua maggioranza, ma soprattutto perché indica come giorno dopo giorno la prima forza politica della Grecia si stia sgretolando, paradossalmente proprio nel momento in cui i sondaggi la davano al massimo storico.

Meno sorprendente, invece, è l’endorsement per Unità popolare dell’ultimo segretario del Synaspismos Alekos Alavanos. L’economista che fu tra gli artefici della nascita di Syriza e dello svecchiamento del partito (fu lui a proporre Tsipras alla segreteria) aveva già da tempo abbandonato i suoi compagni e alle elezioni di gennaio aveva sostenuto il piccolo partito di ultrasinistra Antarsya, che non aveva ottenuto il quorum per entrare in Parlamento. Ieri con la sua formazione Piano B (che si richiama apertamente al Grexit) ha stretto un accordo con il leader di Unità Popolare Panagiotis Lafazanis, invitando anche il partito comunista Kke a stringere un’alleanza elettorale. «Noi non consideriamo il Kke come un nostro nemico. Noi non consideriamo nemica alcuna forza di sinistra, progressista e che sia contraria al terzo piano di salvataggio. Al contrario, noi vogliamo formare un grande fronte comune con tutte queste forze», ha detto Lafazanis, che ha accettato il mandato esplorativo dal Presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos dopo il fallimento del tentativo del leader di Nea Democratia Vangelis Meimarakis.

 

Ma le grane a sinistra per il premier non finiscono qui. Pure l’ex partigiano Manolis Glezos ieri è tornato ad attaccare il suo ex partito: «Non c’è spazio per nessun accordo post-elettorale», ha detto, a meno che dal Megaro Maximo (la sede del governo) non si faccia autocritica. A mantenere le distanze dalla neonata Unità Popolare è invece Yanis Varoufakis. In un’intervista a una tv francese l’ex ministro delle Finanze ha detto di sentirsi lontano dalle loro posizioni perché «per loro il ritorno alla dracma è una questione di ideologia». Invece «per la Grecia è meglio rimanere nell’euro, anche se non dobbiamo farlo a ogni costo». Per questo non ha escluso di poter tornare a collaborare con un futuro governo guidato da Syriza, ma solo se cambieranno le politiche economiche.

Per il momento non pare che Tsipras abbia alcuna intenzione di tornare sui suoi passi. Alla segreteria del partito il capo del governo ha illustrato le linee guida della campagna elettorale, decise il giorno prima nella riunione con il suo staff di fedelissimi (tra ministri ed esponenti di Syriza): innanzitutto la richiesta di un «mandato chiaro di quattro anni», ma anche la necessità di porre l’accento non tanto sulla «guerra civile» tra ex compagni di schieramento (al contrario di Unità Popolare che intende invece dimostrare che «la sinistra siamo noi») quanto sul programma di governo, antiliberista e contro il blocco d’affari interno, «per una graduale uscita del Paese dai controlli e dai Memorandum». Infine ha sottolineato la necessità di una riorganizzazione del partito e di una sua apertura alla società. Ma su questo punto l’impressione è che sarà necessaria una vera e propria rifondazione.