Il Consiglio di Stato ha condannato l’università di Pavia al risarcimento di 8 milioni complessivi per il mancato rispetto della normativa sulla tassazione universitaria per il triennio 2010-2012. Venerdì 6 maggio sono state depositate le sentenze che hanno dato ragione all’Unione degli universitari (Udu) e all’associazione Dottorandi Pavesi (Adp) che hanno presentato i ricorsi.

Il Consiglio di stato non ha solo condannato l’ateneo pavese, ma ha anche stabilito un principio: le modifiche apportate alla tassazione universitaria dalla spending review approvata dal governo Monti non possono essere applicate. Già nel 2010, prima del blitz del governo del tecnocrate bocconiano, 35 atenei su 62 erano ritenuti dall’Udu «fuorilegge»: le entrate derivanti dalle tasse degli studenti superavano il tetto del 20% del fondo di finanziamento ordinario stabilito per legge dagli atenei.

Per evitare ricorsi a tappeto, e dare la possibilità agli atenei di aumentare la tassazione, il governo Monti alzò il tetto massimo senza rimediare alle irregolarità precedenti. Una sentenza del Tar aveva già dato ragione a marzo a un ricorso dell’Udu condannando l’ateneo a rimborsare gli studenti 1 milione e 700 mila euro più gli interessi.

Per realizzare il trucco contabile il governo Monti aveva escluso dal calcolo del gettito totale delle tasse il valore di quelle versate dagli studenti fuoricorso. La sentenza del Tar ha stabilito che questa decisione non ha valore retroattivo. La distinzione tra le tasse degli studenti in corso e quelle dei fuoricorso avrebbe dovuto essere realizzata secondo decreti ministeriali che non sono mai stati emanati. Di conseguenza, le nuove norme non sono state recepite dai regolamenti degli atenei.

La situazione di irregolarità può interessare un numero ancora imprecisato di università. Sono in molti infatti ad avere raggiunto, o quasi, il nuovo tetto stabilito da Monti. Se si aggiungessero le tasse dei fuoricorso, il vincolo del 20% verrebbe di gran lunga superato. Utilizzando il precedente criterio di calcolo, l’Udu sostiene che la contribuzione studentesca aveva superato il 23% già nel 2014. Il rischio di ricorsi a tappeto in tutti gli atenei torna a concretizzarsi.

All’indomani della riforma Gelmini, entrata in vigore nel 2011, dopo una dura contestazione e le manifestazioni di massa del biennio 2008-2010, l’aumento della tasse universitarie ha registrato un aumento. La media per studente è passata da 980,81 euro del 2012 a 1.052,86 euro del 2014.

«La sentenza del Consiglio di Stato risulta di fondamentale impatto politico. Questa infatti, determina, dal 2012 ad oggi, una situazione di potenziale illegalità per la maggior parte degli atenei italiani – sostiene Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari – Renzi ha detto di volere intervenire su questo tema. In Parlamento sono già depositate delle proposte di legge, che, sotto molti aspetti, vanno nella direzione giusta e sulle quali a breve si riaprirà la discussione».