Strappata con le tenaglie, stancamente è arrivata la prima dichiarazione sul teatro Valle occupato da parte del sindaco di centro-sinistra Ignazio Marino. Una chiusura rispetto al percorso di partecipazione e innovazione istituzionale proposta dagli occupanti con l’idea di fondazione e il progetto di auto-governo degli artisti e dei 5600 soci fondatori che hanno versano un capitale sociale di 250 mila euro. In una pausa delle trattative con il governo sul piano di rientro sul debito «Salva Roma», che ha imposto alla Capitale un piano di tagli e razionalizzazione da 440 milioni di euro, Marino ha trovato il tempo di dire agli occupanti di lasciare al più presto il teatro: «Affinché il teatro possa tornare ai romani, serve anche un’assunzione di responsabilità da parte degli occupanti che devono al più presto rendere disponibile la struttura per favorire il processo di rilancio del prezioso spazio culturale, anche facendo tesoro dell’esperienza fino ad ora maturata».

Il protocollo fantasma

Il sindaco propone una strada che fino ad oggi ha portato in un vicolo cieco: «Stiamo lavorando – ha detto – per bandire nel più breve tempo possibile una gara d’evidenza pubblica d’intesa con il Ministero dei beni culturali». Marino ha giustificato questa scelta per ristabilire la «legalità di fronte alle enormi difficoltà che tanti teatri della nostra città affrontano per mantenersi in vita».

È un’allusione all’accusa ricorrente che l’ambiente romano del teatro sovvenzionato dallo stato, come i monopolisti della Siae, hanno rivolto in questi tre anni all’occupazione del Valle. Il disastro politico, culturale, economico del sistema teatrale della capitale sarebbe responsabilità degli attivisti, non di una politica che ha tagliato i fondi, facendo implodere il sistema della cooptazione che governa le nomine come al teatro di Roma, portando infine ad una politica dei prezzi fuori dalla portata dei cittadini.

Sul piano pratico, Marino si è impegnato a risolvere il conflitto di attribuzione esistente sul Valle tra il Mibact guidato da Dario Franceschini e il comune di Roma. All’origine di questa storia ci fu la cancellazione dell’Ente teatrale italiano (Eti) da parte dell’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti nel 2010. Il teatro Valle, di proprietà dell’Eti, e quindi del ministero, doveva passare al Comune. Il 14 giugno 2011 il teatro fu occupato e, da quel momento, tutto si è fermato.

La storia del protocollo fantasma è continuata. Negli ultimi mesi,  Franceschini ha rispedito la palla nel campo di Marino, suggerendo che la questione dovesse essere affrontata dal Campidoglio. Insomma nessuno in tre anni ha voluto prendere in mano la questione, e invece di accettare la proposta di un tavolo tecnico e giuridico tra il Comune gli occupanti e la cittadinanza interessata avanzata dai giuristi che partecipano alla «Costituente dei beni comuni» al Valle, oggi Marino torna indietro e, forse, vuole siglare con il Mibact un nuovo protocollo e chiamare una gara pubblica insieme al ministero. Si vedrà cosa farà, a questo punto, Franceschini.

Il caso del teatro Quirino

La gara di evidenza pubblica promessa da Marino per «risolvere» la questione del Valle è uno strumento molto problematico. L’unico esempio conosciuto a Roma è la gara del Teatro Quirino. Anch’esso inserito nel pacchetto liquidato dall’Eti, proprio come il Valle, è stato messo a bando per una gestione privata che si è trasformata in una gestione familiare. Era un teatro importante, oggi si è trasformato in qualcos’altro. Marino non sembra avere prestato attenzione alle polemiche sollevate negli ultimi mesi.

Ora che Marino ha scoperto le sue carte, è prevedibile che ci saranno scossoni nella sua maggioranza. Il Valle, infatti, è un punto di riferimento della sinistra cittadina, oltre che dei movimenti. Nel Partito Democratico è significativa la presa di posizione di Stefano Pedica, della direzione Pd del Lazio: ««La fondazione Teatro Valle bene comune – ha detto -è stata costruita grazie al contributo di tutti, anche del sottoscritto, merita almeno un ringraziamento per avere tenuto in piedi un programma nato a difesa della cultura». Per Pedica, a cui va bene la gara pubblica, il Valle occupato «non può essere liquidato con un semplice invito a sloggiare. È semplicemente vergognoso». Dichiarazione distante da altri esponenti del Pd locale che salutano invece l’iniziativa di Marino come un ritorno alla «normalità» e alla «legalità».

Previsti sussulti nel centro-sinistra romano

L’invito del sindaco, che pur aveva escluso in una trasmissione tv il ricorso allo «sgombero e ai manganelli», è interpretabile come un via libera alla soluzione di ordine pubblico. La debolezza mostrata negli ultimi sei mesi rispetto alla magistratura, come nel caso dell’Angelo Mai e del comitato popolare di lotta per la casa, o nel caso dei duri sgomberi delle occupazioni abitative sembra confermare questa interpretazione. Dopo l’approvazione del «piano Lupi» a Roma è stato istituito uno «stato di eccezione». Esponenti dei movimenti per la casa come Luca Fagiano e Paolo Di Vetta continuano a restare agli arresti domiciliari. Il segnale è chiaro: non c’è alcuna intenzione di riconoscere nulla al di fuori della politica istituzionale. Si vuole negare ogni spazio alle opposizioni sociali e di movimento. Il Valle è un simbolo sul piano nazionale e internazionale. Cancellarne il valore, significa negare il significato delle occupazioni e della ricerca di un’alternativa sui beni comuni.

Una situazione che mette in difficoltà l’ala sinistra della coalizione al governo a Roma. Quella di Sel che, con il vicesindaco Luigi Nieri è impegnata in un’operazione di ricucitura con i movimenti e gli spazi sociali, nel tentativo di trovare una soluzione all’articolo 5 del piano Lupi che taglia le utenze alle occupazioni abitative.

«Il governo della città deve sempre scegliere la strada del dialogo e deklla mediazione soprattutto quando affronta temi di impatto sociale e culturale come il Valle – ha confermato Gianluca Peciola, capogruppo Sel in Campidoglio – E’ necessario aprire un confronto con la città e con l’amministrazione di centro-sinistra per trovare una soluzione condivisa per la valorizzazione del teatro Valle».

Considerata la posizione del sindaco, è prevedibile che la maggioranza capitolina sarà tormentata da nuovi sussulti nelle prossime settimane. L’autismo politico di Marino non aiuterà a governarli.

Il Valle: «Marino si assuma la responsabilità di sgomberare il teatro»

«Leggiamo con preoccupazione le dichiarazioni del Sindaco Marino che sembrano orientate verso il disconoscimento di un’esperienza generata da lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e della cultura che coinvolge artisti e migliaia di cittadini – affermano gli attivisti del Valle – Facciamo fatica a comprendere cosa intenda Marino per metodo del confronto, se non considera proprio questi soggetti come interlocutori. Una gaffe clamorosa che esclude moltissimi soci fondatori, artisti ed operatori che da tre anni sostengono questa esperienza a livello cittadino, nazionale e internazionale. Apprendiamo così con stupore di non essere considerati cittadini di questa città. Se il Sindaco ritiene questa esperienza talmente priva di legittimità al punto di negare qualsiasi tipo di incontro e interlocuzione, allora – fuori da ogni ipocrisia – si assuma la responsabilità politica di sgomberarla con la forza pubblica».

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