Mentre continua il balletto di conferme (russe) e smentite (francesi) sulla consegna, alla data prevista del 14 novembre, della portaelicotteri classe “Mistral” alla marina russa, non accenna a diminuire l’allerta Nato per il traffico aereo militare russo «ai confini dell’Alleanza atlantica». Il vascello plurifunzionale “Vladivostok” verrà consegnato nel termineprevisto, aveva dichiarato alla Tass un funzionario russo presente al salone francese “Euronaval 2014”. Ma il Ministro francese delle finanze Michel Sapin ha detto invece ieri che non ci sono ancora le condizioni per la consegna del “Vladivostok”, rispondendo così indirettamente al vice premier russo Dmitrij Rogozin, che alla vigilia l’aveva data per certa al 14 novembre.

A Washington considerano «saggia» la decisione francese di rinviare la consegna, finché non sarà osservato il cessate il fuoco nel Donbass. La portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki, si è però dimenticata di notare come, proprio in questi giorni, Kiev abbia ritirato la firma dall’accordo sulla linea di separazione tra le parti in conflitto, lasciandosi così aperto il terreno per un’offensiva che in molti, nel Donbass, giudicano molto prossima.

Intanto, nel sudest dell’Ucraina, se i civili di Donetsk e Lugansk rimangono vittime delle artiglierie governative, le cose non vanno meglio per i militari ucraini, costretti in molti casi, accerchiati dalle milizie e abbandonati dai comandi, ad adattarsi a condizioni al limite della sopravvivenza. Frequenti i casi in cui i militari lasciano le proprie armi ai miliziani, in cambio di cibo e attrezzature da campo; ieri l’altro, Rossija 24 ha mostrato come, nell’area di Lugansk, le milizie avessero aperto un corridoio attraverso cui 150 militari hanno potuto far ritorno alle proprie linee, dopo circa un mese di accerchiamento. Previsto un nuovo scambio di prigionieri sulla base “30 per 30”.

Ma Stati uniti ed Unione europea non appaiono intenzionate a intervenire su Kiev per il rispetto dei diritti umani nel Donbass, come richiesto dalle Repubbliche popolari e anzi inaspriscono le accuse a Mosca di fomentare il conflitto in Ucraina, alle porte dell’Alleanza atlantica.

Accuse ribadite anche ieri per presunti voli di cacciabombardieri di Mosca sulle aree del Baltico, del mar del Nord e del mar Nero: tutte zone di pertinenza Nato, in cui questa è libera di far seguire, quasi senza interruzione, alle manovre in Polonia, quelle in Lituania. Qui, dal 2 al 14 novembre, 2.500 soldati di 8 paesi Nato svolgeranno le manovre “Spada di ferro 2014”. Secondo il comandante in capo delle forze armate lituane Jonas Vitautas Zhukas, «la Nato ha allargato le manovre a causa degli avvenimenti in Ucraina». E i voli di Mosca sono semplicemente “una provocazione” al pacifico allargamento della Nato nei paesi baltici (con relativo dislocamento di armamento pesante, carri armati compresi), la creazione di 5 nuove basi in Europa orientale e la messa a punto di forze di pronto intervento. Non dovrebbe stupire che ieri il Ministero della difesa russo evidenziasse la riuscita del lancio del missile balistico intercontinentale “Bulava” dal sommergibile “Jurij Dolgorukij”: «oggi sul territorio russo è garantita una sicura difesa da ogni direzione».

In questa situazione, unica nota apparentemente positiva nella giornata di ieri, il ritorno della delegazione russa a Bruxelles per la ripresa dei negoziati a tre sulla fornitura del gas russo all’Ucraina: la Ue garantirebbe Kiev per il pagamento di 378 dollari ogni mille m3 per il 4° trimestre 2014 e 365 dollari nel 1° trimestre 2015.