Sono due ex, in teoria sono entrambi in vacanza, ma in realtà stanno – almeno nella loro testa e dal loro punto di vista – organizzando il futuro della sinistra italiana. I due ex sono Matteo Renzi, già presidente del consiglio, e Giuliano Pisapia, già sindaco di Milano. Il primo è da giorni in modalità feste. Il secondo è ancora in città, a Milano, e continua i suoi incontri pubblici e riservati per costruire «Campo Progressista», un’area politica di sinistra dialogante con il Pd. Il Pd di Renzi: il dettaglio è importante perché altri, nella stessa area, puntano invece sul logoramento del leader.

Non Pisapia. Lui lavora in vista delle primarie per la presidenza del consiglio che, secondo la strategia renziana, si dovrebbero svolgere a fine marzo. E cioè due mesi prima delle elezioni anticipate.

Attraverso queste resuscitate primarie di coalizione, figlie sdirazzate di quelle fra Bersani Renzi e Vendola per Italia bene comune (novembre 2012), Renzi vuole ricostruire l’alleanza. Quella che lui stesso sbeffeggiava fino a pochi mesi fa ma che ora gli serve per avere qualche chance di vittoria. Molto, naturalmente, dipende dalla legge elettorale. Ma intanto il dossier ’nuovo centrosinistra’ ormai è squadernato in casa dem. L’architetto dell’operazione, anzi l’archistar, è Pisapia. Che agisce con la benedizione di Renzi e Gianni Cuperlo nei panni del ’facilitatore’. Ma Pisapia non lavorerebbe per sé, racconta chi ci ha parlato in questi giorni. Al momento opportuno, cioè quando le elezioni – e le primarie – saranno all’orizzonte potrebbe lanciare Laura Boldrini. Proprio come fece un anno fa con la sua vice Francesca Balzani alle primarie per Milano. Parentesi: dell’operazione si giovò il candidato renziano Beppe Sala; non la sinistra coalizionista che si lacerò fra l’assessora e Majorino, in campo da tempo. Operazione non brillante. Il disastro della sconfitta di Sala al ballottaggio fu evitato solo grazie ai vituperati voti della sinistra radicale e dei radicali. Chiusa parentesi.

Torniamo a Boldrini. È una donna, che è sempre un valore aggiunto. Una rappresentante delle istituzioni, che però a quel punto dovrebbe lasciare per tuffarsi nell’agone politico. Soprattutto è un’esponente della sinistra dialogante che non si è schierata al referendum. E cioè non si è schierata più o meno apertamente nel campo del Sì come invece ha fatto Pisapia abbattendo di colpo il suo appeal fra gli orfani della vecchia Sel. Lei naturalmente per ora non si sbilancia. Ma al Corriere lo scorso 14 dicembre non ha smentito troppo convintamente l’ipotesi: «Apprezzo lo sforzo di Pisapia», ha detto, «però prima che di alleanze dobbiamo parlare di programmi. Io mi voglio alleare innanzitutto con le persone che ho incontrato nelle periferie delle grandi città, allo Zen, al Corviale, a Quarto Oggiaro, a Scampia».

Nell’idea di Renzi Boldrini ha anche il merito di mettere nei guai i bersaniani. L’Area riformista ha già annunciato che in caso di primarie per la premiership, non si schiererà con il segretario. «Anche in quel caso lavorerò a un’alternativa a Renzi, a un candidato che risponda a un campo largo di centrosinistra», ha spiegato Roberto Speranza al manifesto. Ma il bersaniano, che ieri a Monfalcone (Go) ha inaugurato la sua corsa al congresso Pd, fa intendere che non tenterà anche la gara per la premiership: «Sono da sempre convinto della distinzione fra segretario e premier. E voglio cambiare il Pd», risponde. Per quel ruolo la Ditta per ora ha in mente Michele Emiliano. Il presidente della Puglia ha indubbiamente il fisico – e cioè la verve esplosiva e il linguaggio – per combattere corpo a corpo con Renzi. All’ultima assemblea dell’area bersaniana, il 16 dicembre, si è messo a disposizione della corsa di Speranza. Attaccando il segretario a testa bassa: accusandolo di «muscolarismo», di «manipolazione della verità», di essere «uno che si racconta le cose a modo suo: decide di vincere un referendum che ha perso». Toni da sfidante, senza dubbio.

Con Boldrini in campo, per i bersaniani sarebbe più difficile giustificare un altro candidato alternativo. Renzi ci conta per stravincere le primarie. Quello che non sa, o di cui non si rende conto, è che aver frettolosamente elogiato l’operazione Pisapia è stato un errore blu: ne ha raffreddato le simpatie di quella sinistra che lui dovrebbe almeno in parte portargli in dote nella coalizione. Nell’ipotesi – ottimistica – che tutta l’operazione non si risolva nella semplice scelta di figurine per l’album di famiglia. Renziana.