Una cosa è certa e al di là delle dichiarazioni ufficiali nel M5S l’avrebbero capito quasi tutti: la persona che verrà scelta come futuro candidato a sindaco di Roma non potrà essere uno sconosciuto uscito dalla rete, come avvenuto per alcune realtà locali. E non solo perché stiamo parlando della capitale, ma perché una vittoria al Campidoglio potrebbe essere il trampolino di lancio definitivo per portare un esponente del Movimento (ad esempio Luigi Di Maio) fino a palazzo Chigi e alla guida del paese. Quello che Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio aspettano da almeno due anni, dalle elezioni politiche del 2013, tanto da aver più volte rimproverato all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di non aver affidato al M5S l’incarico di formare il governo. Per questo l’idea di andare al voto la prossima primavera, se davvero dovesse realizzarsi, procura ai grillini il duplice effetto di ingolosirli – per il prestigio della posta in gioco – e di terrorizzarli perché avrebbero solo due anni di tempo per dimostrare di saper governare. Sapendo di avere addosso gli occhi di tutto il mondo.
Consapevoli di questo, c’è già chi mette le mani avanti. Come Alessandro Di Battista, nome che molti nel popolo a 5 stelle vedrebbero volentieri al Campidoglio ma che le regole del movimento gli impediscono di farsi avanti. Il candidato, ha spiegato ieri Di Battista, «deve essere una persona che ha lavorato molto su Roma e che conosce bene la macchina amministrativa». Descrizione che calzerebbe a pennello per uno dei consiglieri comunali pentastellati che in due anni e mezzo hanno avuto tempo di farsi le ossa. E in particolare a Virginia Raggi, nome tra i più accreditati delle ultime ore. Per lei, come per gli altri, c’è il solito problema dell’essere ancora poco conosciuta, ma si può rimediare facilmente visto che ormai è caduto un altro tabù grillino come il divieto di apparire in televisione. Domenica la Raggi ha partecipato con i suoi colleghi a ½ Ora di Lucia Annunziata risultando a quanto pare la più convincente.
Siamo, però, ancora in alto mare. Ufficialmente il M5S ha già detto che solo a gennaio si conoscerà il nome del candidato, nel frattempo vanno messi a posto molti tasselli. A Roma, certo, ma non solo. A Milano, per esempio, da tempo si ragiona sulla scelta del nome giusto per la successione al sindaco Pisapia ma i grillini sono ancora lontani dall’avere una soluzione: mancano i nomi e pare che nessun delle personalità consultate si sarebbe detta disponibile. Tanto per cambiare, poi, il Movimento è spaccato tra chi vorrebbe che i nomi uscissero dalla rete e chi invece spinge per candidature più mirate. Insomma, un buon curriculum da solo non basta più. Per provare a superare l’impasse per novembre sono previste due riunioni tra i componenti del direttorio, la Casaleggio associati, Beppe Grillo e i parlamentari lombardi, per scegliere la candidatura per Milano, e del Lazio, per riempire con un nome anche la casella riguardante Roma.
Ma c’è anche chi, per la capitale, spera in quella che oggi appare come un’impresa impossibile, vale a dire una modifica delle regole per permettere a Di Battista la scalata del Campidoglio. Lui ieri ha smentito per l’ennesima volta questa possibilità: «Sono onorato che molte persone abbiano fiducia in me, ma preferisco occuparmi di politica estera e di corruzione in ambito nazionale», ha detto. E non avrebbe potuto dire altro. C’è però chi spera in una sollevazione della rete che possa convincere Grillo e Casaleggio a fare un’eccezione per Dibba. Intanto si lavora alla stesura del programma. Un punto si conosce già: in caso di vittoria grillina niente Olimpiadi a Roma. «Prima dobbiamo rimettere in sesto questa città», ha detto la deputata Roberta Lombardi.