Consiglio comunale di Napoli occupato ieri contro i tagli al welfare. A via Verdi si sono sommate due proteste: quella dei comitati casa e gli operatori socio-assistenziali. Gli attivisti della campagna per il diritto all’abitare «Magnammece ’O Pesone» si sono presentati per ricordare all’amministrazione gli impegni disattesi: la mancata apertura della struttura di accoglienza in via Settembrini e il rischio chiusura per quella di Materdei; lo stallo del tavolo con la Curia per gli occupanti di piazza Miraglia; il bando andato deserto per l’albergaggio sociale (300 posti letto); l’azzeramento dei fondi per la morosità incolpevole e l’emergenza abitativa; mancanza di copertura economica per le strutture pubbliche utilizzate dai senzatetto. Domani è previsto un incontro con il sindaco, Luigi de Magistris.

Il terzo settore rischia il collasso: l’amministrazione partenopea ha tagliato 130 milioni dai fondi per il welfare nel bilancio del triennio 2016-2018. Così non è partito il servizio per l’accompagnamento a scuola e l’assistenza in classe per i disabili delle elementari e medie. Il 14 ottobre scade il bando (non rinnovato) per l’assistenza domiciliare di anziani e disabili. In totale sono 3mila famiglie lasciate sole. Sono già partite 300 lettere di licenziamento per gli operatori che coprivano i servizi ma rischiano di diventare 500 a metà mese.

Il Fondo Sociale Nazionale nel 2007 era di 1,6 miliardi, oggi sono circa 300 milioni. In regioni come il Trentino, grazie alla fiscalità locale, ogni abitate ha un budget di circa 300 euro, la media nazionale è di 165 euro. In Campania è di 55 euro: la regione non aggiunge soldi propri ma utilizza anche i fondi europei Pac, che però non possono essere utilizzati per le spese ordinarie e spesso vengono persi per errori nella gestione da parte degli enti locali. A Napoli si rischia di scendere a 48 euro procapite se nella manovra di assestamento di novembre non si corre ai ripari.

Martedì in un’assemblea gli operatori hanno annunciato la preparazione di una manifestazione a Napoli per sollecitare comune e regione. «C’è bisogno di cambiare strada – spiega Sergio D’Angelo, ex assessore comunale al ramo e presidente di Gesco -. Bisogna pensare al welfare come un ramo della sanità pubblica, con i Livelli essenziali di assistenza fissati dal governo e i fondi assegnati ai comuni in base alle necessità e non ai progetti. Ulteriori tagli al settore non sono sopportabili».