Park Slope è un elegante quartiere di Brooklyn dove vive una grande comunità lesbica, politicamente molto orientata che negli anni ha rinverdito i fermenti mai sopiti del femminismo americano. Durante questa infinita campagna elettorale Park Slope ha visto molte iniziative a favore dei democratici o per contrastare Trump. I dibattiti in tv sono stati visti e commentati in gruppo, nei bar o a casa delle militanti, spesso capaci di accogliere diverse decine di persone. «Con molte ci si conosceva, ci si incontrava a varie iniziative, ma la campagna elettorale ci ha unite – dice Shari, la padrona di casa, architetto 45enne – alcune erano per Sanders, molte per Hillary, ma tutte siamo accomunate da disgusto, paura e rabbia per Trump».

Il dibattito inizia parlando di aborto e Maggie, una delle più anziane, medico ora in pensione, sbotta già alle prime frasi di Trump. «Non posso credere di dover ancora lottare per questo tema. Ho 67 anni, ho percorso migliaia di chilometri in cortei per difendere il diritto di autodeterminazione sul nostro corpo e non voglio ritrovarmi di nuovo a difendere ciò che sarebbe acquisito. Appena un uomo di destra apre bocca la prima cosa che dice è contro l’aborto, serve a far facile presa su quella fascia di maschi bianchi ignoranti che compongono la base di Trump, è disgustoso».

Tutto il faccia-a-faccia viene seguito con una passione diversa, in quanto è quello successivo alla diffusione del video su Trump e le donne con la selva di polemiche che ne è seguita. «Dopo essersela presa con disabili, immigrati, musulmani, aver praticamente promesso una guerra atomica, il colpo finale l’ha dato questo video dove parla di donne come nel peggior fumetto per militari – commenta Sue, assistente sociale – e nessuno vuole riconoscersi in quel personaggio, è una questione di autopercezione anche a destra».

Il sentimento di base tra queste donne è comunque ottimista, non solo per una vittoria che almeno in questa porzione di New York si sente già in tasca a Hillary Clinton, ma per un discorso molto più ampio. «La politica americana si è radicalizzata, in entrambi i poli, e ciò a sinistra sta dando vita a un cambiamento che potrebbe essere davvero interessante – osserva Tianna, 46enne, docente di studi afro-americani – In America potrebbe svilupparsi una forma pura di socialismo, che non ha conosciuto i traumi europei della disillusione, i carri amati a Praga, la caduta del muro di Berlino. Dopo la crisi del 2008 c’è la consapevolezza, finalmente, che il modello competitivo degli anni ’80, che predicava individualismo economico e sociale, è perdente, l’America è pronta a qualcosa di nuovo come il socialismo. Grazie a Sanders la piattaforma democratica di quest’anno è quella più a sinistra di sempre, Clinton l’ha firmata, e ora toccherà a noi, alla base, obbligarla a rispettare i patti durante i prossimi anni».

Anche la visione della destra è abbastanza chiara. Trump ha disintegrato il partito repubblicano che ora deve confrontarsi non solo con l’estremismo religioso del Tea Party e di Cruz, ma anche con quello altrettanto violento ma diverso di cui è portavoce The Donald. «I conservatori sono allo sbando, Trump ha legittimato in una certa arena politica i discorsi che venivano fatti nei retrobottega a porte chiuse – dice Leigh, 52enne, avvocata – Quella base tartassata e mantenuta ignorante da un sistema che ha sempre riservato la cultura solo ai ricchi, adesso sta divorando proprio chi ha creato questo sistema. Paradossalmente un programma democratico con istruzione alla portata di tutti, creando una società migliore, creerebbe anche un miglior elettorato conservatore. Non so se questa cosa semplicissima l’hanno capita i repubblicani, adesso».

Il dibattito va avanti e si arriva a parlare del piano di deportazione degli immigrati proposto da Trump, Clinton risponde descrivendolo in termini pratici: «Andare casa per casa, classe per classe, posto di lavoro per posto di lavoro» per scovarli e deportarli, la descrizione è abbastanza evocatrice da non aver bisogno di commenti ulteriori. «Fa bene Hillary a far visualizzare cosa voglia dire – aggiunge però Tianna – perché: chi dovrebbe farlo, questo lavoro? Nessuno».