Mentre si svolgeva la conferenza stampa di Trump continuavano le udienze di conferma per le nomine della sua presidenza. Il primo finito sotto torchio è stato Jeff Sessions, senatore ultra-conservatore dell’Alabama, designato come ministro della Giustizia.

La sua nomina è una delle più controverse; di Sessions si ricordano i commenti talmente razzisti da spingere il presidente Ronald Reagan nel 1986 a bloccare la sua nomina a giudice dell’Alabama, il voto contro la legge contro la violenza sulle donne, l’impegno a voler cancellare la legge sull’aborto, la dichiarazione per cui la Naacp (National Association for the Advancement of Colored People) è a suo parere un’associazione anti americana.

«Mi ripugna il Klu Klux Klan e la sua ideologia d’odio», ha affermato Sessions il primo giorno, presentandosi come il paladino della legge e dell’ordine, precisando poi di essere contrario al bando dei musulmani, e prendendo le distanze dal waterboarding e da ogni forma di tortura – entrambe le misure sostenute da Trump in campagna elettorale.

Nel suo secondo giorno di udienza ha però dovuto affrontare una prova più difficile: la testimonianza a sfavore di una leggenda vivente come John Lewis, storico attivista per i diritti civili, del rappresentante della Louisiana Cedric Richmond e più di tutto del senatore del New Jersey Cory Booker che ha testimoniato contro l’elezione di Sessions diventando il primo senatore della storia americana a testimoniare contro un altro senatore eletto, designato a un posto di gabinetto.

Booker è un delle speranze del partito democratico: afro americano, ex sindaco della corrottissima città di Newark che ha ripulito e domato, è definito un «Obama ma con i super poteri» per la sua retorica avvincente e per essere assolutamente incorruttibile. Booker si è lanciato in una testimonianza infuocata

«Il prossimo ministro della giustizia deve portare speranza e pacificazione in questo Paese – ha detto Booker – e questo richiede una empatia più coraggiosa di quella dimostrata dal senatore Sessions. Manon ci sono segni che porterà giustizia per le donne, per i neri, per la comunità Lgbtq. Essere il ministro della giustizia vuol dire essere disposti a continuare la tradizione sacra nel nostro Paese dove si lotta per portare giustizia per tutti, e adesso prego perché i miei colleghi si uniscano a me nell’opporsi alla nomina di Sessions. Questi sono tempi straordinari e richiedono misure straordinarie».

«Ci vuole un sacco di coraggio per un senatore degli Stati Uniti a rilasciare una tale testimonianza in opposizione a uno dei suoi colleghi – ha detto Tad Devine, stratega democratico già consulente senior nella campagna di Bernie Sanders – La testimonianza darà a Booker un sacco di attenzione dei media nazionali e riporterà in auge il discorso su una piattaforma per affrontare i diritti civili, tema delicato per Sessions come ministro e che rischia di venire dimenticato».

Oltre all’udienza di Sessions si svolgeva ieri anche quella per Rex Tillerson come futuro segretario di Stato di Trump. Tillerson, ex amministratore delegato del colosso petrolifero ExxonMobil, è controverso per la sua lunga partnership con Putin dagli anni Novanta, quando supervisionò un progetto della Exxon nell’isola di Sakhalin.

Nel 2011 la Exxon ha firmato un accordo di partnership nell’esplorazione petrolifera dell’Artico con la compagnia petrolifera di stato russa, due anni dopo il Cremlino gli ha conferito l’Ordine dell’Amicizia, massima onorificenza russa per un cittadino straniero. Per questo Tillerson non è visto di buon occhio da molti repubblicani e in special modo da John McCain, Lindsey Graham e Marco Rubio.

Come c’era da aspettarsi, quindi, le prime domande sono state proprio sulla Russia e, poco o molto sorprendentemente, Tillerson si è espresso negativamente verso l’amico Putin.

Stati Uniti e Russia «probabilmente non saranno mai amici» ha affermato, ricordando che «la Russia ha invaso l’Ucraina, ha annesso la Crimea ed ha appoggiato le forze siriane che violano brutalmente le leggi di guerra. Gli alleati della Nato hanno ragione ad allarmarsi», rassicurando addirittura sull’inviolabilità dell’articolo 5 dell’Alleanza atlantica, sulla garanzia di mutua difesa.

Tillerson è stato chiamato ad intervenire anche sulle interferenze di Mosca nelle elezioni americane: «Anche se la Russia cerca rispetto e rilevanza nello scenario mondiale – ha detto – le sue recenti attività vanno contro gli interessi degli Stati Uniti». E sulle interferenze degli hacker russi: «Credo che questa sia una supposizione confermata», ha detto Tillerson rispondendo al senatore repubblicano Marco Rubio, che l’ha interrogato sul possibile coinvolgimento di Putin nella vicenda.