Mai titolo è stato più profetico: Ramdan, il festival del cinema che disturba. Difatti la rassegna prevista a Tournai, in Belgio, fino a martedì 27 gennaio è stata bloccata dalle autorità locali. La ragione? Un allarme terrorismo legato in particolare a due dei titoli in cartellone: Timbuktu di Sissako e Essence of Terrror di Andreas Rochsén. Il primo, nominato nella cinquina per l’Oscar al miglior film straniero, sembra diventato bersaglio privilegiato nel clima di controllo scatenatosi dopo gli attentati di Parigi, e l’intervento delle forze speciali belghe a Verviers, qualche giorno fa, contro una cellula jihadista sospettata di preparare un attentato – nei giorni scorsi era stato smontato su ordine del sindaco (Ump) in una cittadina francese (si spera che l’Academy non si faccia influenzare).

 

Eppure Sissako rende contraddizioni e violenza della «jihad» nel suo profondo – siamo a Timbuktu durante l’occupazione, nel 2012, di forze jihadiste – senza esibire nessuno degli stereotipi né la retorica che dominanno sull’argomento(sarà questo a essere «disturbante»?).
Essence of Terror racconta invece la vicenda di due giornalisti svedesi catturati e condannati a undici anni di prigione per terrorismo in Etiopia dai nazionalisti dell’Ogaden che rivendicano l’indipendenza da Addis Abeba della regione.

 

«Dalla sua nascita, nel 2011, il Ramdam Festival ha sempre puntato sulla pluralità del pensiero e sulla tolleranza. Il successo di pubblico e la partecipazione degli artisti provano che tutti vogliono difendere la libertà di espressione» hanno dichiarato gli organizzatori dopo la chiusura.
«L’oscurantismo ha prodotto molti danni anche se sappiamo che ha sempre perso la battaglia contro il desiderio di libertà» hanno detto i fratelli Dardenne, anche loro al Festival con Due giorni, una notte. Resta però il fatto di una decisione molto inquietante.