Il governo di Tobruk del generale Khalifa Haftar ha rimandato al mittente la proposta dell’Ue di uso della forza contro scafisti e contrabbandieri che fanno dello sfruttamento della migrazione un business. L’ambasciatore libico alle Nazioni unite ha parlato di intenzioni «poco chiare e molto preoccupanti». L’Ue ha chiesto ieri attraverso l’Alto rappresentante della politica Estera, Federica Mogherini, un mandato alle Nazioni unite per permettere azioni militari con l’obiettivo di distruggere i barconi o fermare i contrabbandieri nelle acque libiche, secondo quanto previsto dal capitolo sette della Carta dell’Onu che autorizza l’uso della forza al fine del mantenimento della pace internazionale.

L’Ue sta discutendo anche piani di estensione dei servizi di salvataggio in mare dopo l’aumento di fondi per l’operazione Triton, approvato da un Consiglio europeo straordinario in seguito alla strage del 18 aprile scorso nel Canale di Sicilia, costato la vita a centinaia di profughi, ammassati su un barcone partito dalla città di Sabrata a Ovest di Tripoli. Triton aveva sostituito Mare Nostrum che aveva permesso il salvataggio di migliaia di migranti negli ultimi anni. E così è aumentato il numero di vittime tra i profughi che tentano di arrivare in Europa anche in seguito al tentativo di colpo di stato militare del generale Haftar, avviato lo scorso anno. L’Ue ha proposto un sistema di quote per la distribuzione dei profughi tra tutti i paesi membri, nonostante la dura opposizione interna e le pressioni in questo senso di Italia e Malta.

Il tentativo del piano Ue è quello di identificare, catturare e distruggere le imbarcazioni prima che vengano usate per il traffico di profughi. Anche i parlamentari di Tripoli, governo vicino ai Fratelli musulmani libici, avevano provato ad assicurare all’Ue un impegno rafforzato nella lotta contro l’immigrazione clandestina, incluso l’arresto di centinaia migranti. Eppure il piano annunciato la scorsa settimana sembrava carente proprio nel combattere lo sfruttamento deliberato delle migrazioni ad opera degli scafisti della miriadi di milizie che si combattono per il controllo del territorio in Libia.

Anche il think tank Amnesty International ha avvertito che azioni militari potrebbero lasciare i migranti intrappolati nelle carceri libiche in condizioni disperate. «L’introduzione di misure contro i contrabbandieri senza assicurare vie alternative non risolveranno la piaga degli sbarchi di profughi» si legge nel report di Amnesty. Magda Mughrabi, responsabile per il Nord Africa, ha parlato di «abusi orrendi», torture e coercizioni sistematiche dei profughi in Libia.

Eppure il capo delle Forze armate di Tobruk, l’ex agente Cia Khalifa Haftar, dalle parole è passato già ai fatti. Una nave turca in acque territoriali libiche è stata bombardata dalla sua debole aviazione. Secondo il governo di Abdallah al-Thinni il cargo tentava di avvicinarsi a Derna. Il terzo capitano, di nazionalità turca, è rimasto ucciso nell’attacco mentre alcuni membri dell’equipaggio sono rimasti feriti. Il governo turco ha parlato di attacco «atroce».

Ankara non riconosce il parlamento che ormeggia al largo della Cirenaica e appoggia invece la legittimità del parlamento di Tripoli. La Guardia costiera di Tobruk ha riferito di aver inviato alcuni avvertimenti prima che la nave che si dirigeva verso la città di Derna, sotto il controllo di militanti jihadisti sedicenti appartenenti dello Stato islamico (Is), venisse attaccata. Lo scorso gennaio l’aviazione libica aveva bombardato una petroliera greca, uccidendo due membri dell’equipaggio mentre tentava di avvicinarsi alla città di Derna. Secondo la versione di Tobruk questi cargo rifornirebbero i combattenti radicali delle due città costiere libiche in mano ai jihadisti: Derna e Sirte.