Un’inversione di rotta sulla responsabilità civile dei magistrati. Farà piacere all’Associazione nazionale magistrati, e anche al Csm che si appresta a presentare il suo parere sulla legge in discussione al senato e che, prima delle novità di ieri, rischiava di essere un parere critico. È una vicenda vecchia, discussa da anni e affrontata dal dicembre 2013 in commissione a palazzo Madama. Il governo è arrivato tardi, tant’è che ha dovuto convertire il suo disegno di legge in emendamenti al testo del socialista Buemi, adottato come base e già piuttosto avanti nella discussione. Ieri si poteva chiudere, licenziando finalmente la legge per l’aula. Ma in commissione è arrivato il ministro della giustizia con un paio di pesanti novità.

Due emendamenti presi pari pari dal disegno di legge governativo circoscrivono notevolmente l’ambito del danno attribuibile ai magistrati. Le toghe saranno chiamate a risarcire solo per «violazione manifesta della legge e del diritto dell’Unione europea». E giammai per l’attività di interpretazione delle norme o di valutazione «del fatto o delle prove». È la novità più importante. Non è una novità l’abolizione dei filtri di ammissibilità ai ricorsi dei cittadini. Come non è una novità che il risarcimento sarà indiretto – prima paga lo stato al cittadino danneggiato, poi si rivale sul magistrato ma, si aggiunge adesso, «entro tre anni». Infine l’esecutivo riafferma che il risarcimento deve avere un limite, individuato nel 50% dello stipendio annuale del magistrato: più di quanto è previsto ora (un terzo), meno di quanto c’era nel testo della commissione (nessun limite). Il ministro assicura: «Non è una marcia indietro ma una riproposizione pedissequa di quanto previsto nel disegno di legge del governo». Ed è vero. Ma il risultato è un rallentamento dell’iter del provvedimento, che deve essere approvato definitivamente entro dicembre per sperare di evitare il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia del Lussemburgo.

La mossa di Orlando in realtà è una forzatura bella e buona, non certo l’ultima visto che oggi ci si aspetta che sarà posta la fiducia sulla giustizia civile, che è già una riforma fatta per decreto. La forzatura di ieri consiste nel fatto che gli emendamenti presentati dal governo si riferiscono a un articolo del testo Buemi che la commissione aveva già approvato, e quindi dovrebbero essere preclusi. Buemi non la prende bene – «capisco la necessità di tener conto delle aspettative dell’Anm, ma nel momento in cui tutto cambia c’è solo un’area non sottoposta alla riforma per la sua capacità di condizionare la politica» – ma non arriva a dimettersi da relatore. Orlando polemizza con lui: «Il disegno di legge del governo è pubblico dal 29 agosto, poteva tenerne conto». Ma all’epoca il testo base era già adottato, e per la precisione il testo del governo è arrivato in parlamento solo nella seconda settimana di settembre.

Chi strilla è Forza Italia. Per il presidente della commissione Nitto Palma, addirittura, le proposte del governo «fanno fare un passo indietro anche rispetto alla legge Vassalli», che è quella in vigore, sostanzialmente inefficace. Per il collega di partito Malan escludendo totalmente ogni valutazione del fatto e delle prove e anche la valutazione delle norme «non ci sarà più alcun margine per l’azione di responsabilità». Anche perché l’emendamento del governo tende ad assolvere i magistrati anche nei casi di leggi poco chiare: «Ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste la violazione manifesta della legge e del diritto dell’Unione europea si tiene conto, in particolare, del grado di chiarezza e precisione delle norme violate». E così l’intervento in corner di Orlano riaccende il classico scontro sulla giustizia tra Pd e Forza Italia. Ma non sarà un problema per la riforma del processo civile, ampiamente condivisa dagli azzurri. Piuttosto il clima teso aveva fatto temere, nel pomeriggio, che il governo potesse cadere sull’ormai tradizionale emendamento della Lega alla legge comunitaria, proprio sulla responsabilità civile dei magistrati, stavolta alla camera. Invece lo sgambetto non è scattato e la proposta leghista è stata ampiamente respinta grazie alla «copertura» degli alfaniani, in questo passaggio allineati – con il vice ministro Costa – al Pd e all’Anm.