Il Ministro degli esteri giapponese, Fumio Kishida, e l’ambasciatrice statunitense in Giappone, Caroline Kennedy, hanno firmato a Tokyo la revisione dell’accordo di assistenza militare tra i due paesi.

L’accordo permette una maggiore integrazione Forze di Autodifesa giapponesi nel sistema militare americano.

Le modifiche principali riguardano l’estensione dell’assistenza logistica, l’eliminazione delle restrizioni geografiche all’assistenza militare e l’estensione di questa alle operazioni di combattimento. Il tutto si traduce in maggiori acquisti militari per il Giappone. L’accordo prosegue lungo la strada già segnata dall’amministrazione Obama di coinvolgere più attivamente il Giappone nella sicurezza dell’area. Il pericolo immediato è la Corea del Nord, ma in vista c’è il contenimento della Cina.

Un accordo logistico analogo è stato firmato il 29 agosto con l’India e la firma arriva nel giorno successivo alle manovre militari cinesi nel tratto di mare che separa il Giappone da Okinawa.

Questo tipo di accordi è frequente tra gli Usa e i suoi alleati. La differenza nel caso giapponese è data dal contesto interno al paese.

L’ulteriore integrazione realizza il progetto politico di Abe, iniziato con la modifica dell’interpretazione dell’articolo 9 della Costituzione, che proibisce non solo la guerra, ma anche l’esistenza di un esercito, e passata poi per la contestatissima legge di sicurezza dell’anno scorso, che ha aperto le porte all’intervento all’estero di unità da combattimento. Di pari passo il governo Abe ha aumentato costantemente le spese militari da quando nel 2012 è tornato al potere e la proposta di budget per la difesa per il 2017 è ancora più alta, sopra i 50 miliardi di dollari.

Il valore militare dell’accordo è limitato. Aumenta la capacità di azione delle truppe giapponesi, ma non le smarca dal loro ruolo ancillare. Queste, secondo fonti delle forze armate statunitensi, continuano a necessitare dei trasporti aerei e navali americani per poter operare efficacemente. L’aumento delle spese viene inoltre aspramente criticato all’interno del paese. Come nel caso dei mezzi anfibi che il ministero della difesa ha in programma di comprare.

Secondo le valutazioni ufficiali servirebbero a respingere uno sbarco sulle isole verso la Cina, per i critici viaggiano a una velocità da tartaruga e arriverebbero troppo tardi, posto che il Giappone non dispone di navi trasporto adeguate. Qualsiasi ampliamento logistico di certo non compete con le capacità di azione della VII Flotta americana di stanza nell’aera, forte di 18 navi e 100 aerei.

I prossimi passi per le Forze di Autodifesa sono già fissati. A novembre ci sarà il dispiegamento in Sud Sudan di un nuovo contingente di truppe che potrà essere impegnato per la prima volta in azioni di combattimento. Forze di Autodifesa è sempre più un eufemismo.