Visto con gli occhi del Pd toscan-renziano, il nuovo piano dei rifiuti urbani appena approvato dal consiglio regionale è un gran passo avanti nella gestione “virtuosa” del settore. L’assessora all’ambiente Anna Rita Bramerini ricorda in ogni occasione che solo il 10% finirà in discarica, e che l’obiettivo è addirittura il 70% di raccolta differenziata nel 2020, con solo il 20% da destinare alla “termovalorizzazione”. A prima vista desta quindi sorpresa la critica della sempre più esigua minoranza dem, che anche dopo l’approvazione del piano insiste a chiedere un cambio di rotta nelle politiche sui rifiuti. Ma forse succede perché perfino quelli dell’area cuperliana, dopo almeno 15 anni di ostinati silenzi sull’argomento, ormai costretti a giocare in difesa osservano che sei, forse sette inceneritori sono davvero tantissimi. A maggior ragione in una regione come la Toscana, i cui abitanti complessivi (3 milioni e 700mila) sono pari a quelli dell’area vasta milanese, o di Roma con i comuni contermini.

Per giunta, ai cinque impianti di incenerimento da tempo in funzione – Ospedaletto a Pisa, Picchianti a Livorno, Poggibonsi nel senese, San Zeno ad Arezzo e Montale a Pistoia – il piano dei rifiuti dà l’ennesimo via libera al grande “termovalorizzatore” di Case Passerini, alla porta di ingresso nord-ovest di Firenze. Un fattore decisivo, agli occhi di una Sel che pure è nella maggioranza che sostiene la giunta di Enrico Rossi, per dare un giudizio negativo sul piano. “Dispiace dover dare un voto contrario – ha fatto sapere sul sito di Sel Toscana il consigliere Mauro Romanelli – ma purtroppo due fatti troppo grossi lo hanno reso inevitabile. Non si può tacere su vicende come Case Passerini, e sulla non previsione di ridurre la produzione”.

Su quest’ultimo aspetto – decisivo anch’esso – della questione, Monica Sgherri di Rifondazione sgombra il cielo dalla nuvola del verosimile: “Sulla produzione dei rifiuti, in Toscana si parte da dati di gran lunga superiori a quelli che già oggi registrano regioni come la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e altre ancora. Ma quel che balza all’occhio è che le previsioni al 2020 contenute nel piano sono di circa 100, 150 chili annui per abitante superiori ai dati del 2012, forniti dall’Ispra, di queste regioni. In altre parole il piano si pone formalmente obiettivi anche ambizioni, quelli del 70% di differenziata e del solo 10% da destinare alla discarica. Poi però li svuota, in primis a causa del sovradimensionamento della produzione dei rifiuti indicata. Tutto quanto è naturalmente funzionale alla realizzazione, e all’attività, degli impianti di incenerimento”.

L’approvazione dell’aula a una risoluzione della stessa Sgherri che “invita” tutti i comuni toscani a dotarsi della tariffazione puntuale di pagamento del servizio rifiuti, “invitando” al tempo stesso gli Ato ad agevolarla con la raccolta domiciliare, non mitiga il giudizio del Prc: “Il piano conferma che è stato interrotto il confronto partecipato sul tema dei rifiuti, promesso e poi negato dal presidente Rossi”. Per giunta incombono le forti spinte toscane ad “assimilare” nella gestione di quelli urbani anche quelli speciali. E in parallelo lo “Sblocca Italia”, che nei fatti dà il via libera allo smaltimento negli inceneritori dei rifiuti provenienti da altre province, e addirittura da altre regioni. Una libera circolazione della monnezza che ad esempio, agli otto inceneritori emiliani, aggiunge i sei, sette toscani. Con una potenziale concorrenza devastante per le buone pratiche del riciclaggio e del riuso, oltre che dell’ambiente.