Clima cordiale ma cornice quanto meno spigolosa per i colloqui di Renzi ieri a Mosca con il premier Dmitri Medvedev e il presidente Vladimir Putin.

Crisi ucraina, sanzioni occidentali, accerchiamento militare della Russia da parte della Nato e tentativi di destabilizzarla con ogni mezzo, come con l’omicidio di Boris Nemtsov. Si deve supporre che la missione di Renzi avesse lo scopo di cercare di riannodare qualche filo con il Cremlino, ora che Mosca appare indispensabile sia sul piano internazionale, sia dal punto di vista economico. Si deve anche supporre che Renzi dovesse sia contrattare esigenze specificamente italiane, sia fungere in certo qual modo da «apripista» – non a caso, Putin ha detto di considerare l’Italia «uno dei partner privilegiati della Russia, nonostante i complessi rapporti con l’Ue» – per cercare di rilanciare il ruolo dell’Europa, negli ultimi tempi lasciata indietro sia dalle spinte aggressive statunitensi, sia dalle mosse dirette di alcuni suoi soggetti.

In ogni caso, gli argomenti su cui si sono concentrati i colloqui moscoviti di Renzi, dopo il suo omaggio al luogo dell’agguato a Boris Nemtsov, sono spaziati dalle crisi internazionali – Ucraina, Libia, Siria – ai rapporti bilaterali, soprattutto economici. «Il nostro dialogo politico è sempre molto attivo», ha detto Putin a Renzi; «abbiamo certamente perso occasioni, a causa dei noti avvenimenti. Ma in generale e per livello di scambi, l’Italia è al quarto posto tra i partner della Russia».

Sul piano internazionale, già durante l’incontro con Medvedev si era parlato della crisi ucraina, a proposito della quale Renzi aveva detto che «non esiste alternativa a una soluzione politica e diplomatica» e che l’Italia «è disposta a condividere con Kiev la propria esperienza in fatto di decentralizzazione». Putin ha ricordato che «la situazione rimane difficile. Ma, almeno, sono cessati i combattimenti, le persone non muoiono, non si distruggono le città. Siamo concordi che le parti in conflitto debbano osservare gli accordi raggiunti a Minsk il 12 febbraio». Ciò veniva detto poco prima che da Kiev giungesse la notizia del voto della Rada suprema (270 sì, su 450 deputati) per l’aumento delle forze armate da 186mila a 250mila, motivato dal «carattere a lunga durata della minaccia alla sicurezza nazionale».

Ma Renzi e Putin si sono soffermati soprattutto sulla «minaccia terroristica nelle aeree del Medio Oriente e del Nord Africa», in particolare per quel che riguarda «il drastico peggioramento della situazione nelle dirette vicinanze con l’Italia, cioè in Libia».

Su questo tema Mosca si esprime per «la soluzione pacifica della crisi libica e sostiene gli sforzi di mediazione dell’Onu» e pare che Renzi abbia ottenuto da Putin l’impegno a sostenere, in sede di Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una missione internazionale, di cui Roma si fa paladina, soprattutto considerate le brame italiane in fatto di controllo delle risorse petrolifere libiche, dopo la fine, lo scorso dicembre, del progetto «South stream», i cui due principali investitori erano, per l’appunto, Eni e Gazprom.

Ma se i colloqui tra i leader di Italia e Russia sono stati cordiali e, sembra, anche fruttuosi, i contorni non sono certo dei più distesi, con la Nato che intensifica sempre più la propria presenza ai confini con la Russia. A nord, proprio ieri caccia italiani Typhoon “scortavano” un aereo militare russo Il-20 sul Baltico, come era già accaduto due volte la scorsa settimana.

Quattro caccia italiani sono dislocati dallo scorso gennaio in Lituania e fanno parte della pattuglia Nato che dal 2004 controlla i cieli al confine con la Russia. A sud, mercoledì, sei navi da guerra Nato (tra cui la fregata lanciamissili italiana Aliseo) erano entrate nel mar Nero, ovviamente «su invito dei governi turco, bulgaro e rumeno» per manovre congiunte, come ha detto il vice-ammiraglio statunitense Brad Williamson.

Manovre che Mosca non poteva non considerare «una minaccia», tanto da farle seguire da propri caccia Su-30 e bombardieri Su-24. A occidente, sono arrivati ieri nella regione ucraina di Lvov 300 istruttori militari americani della 173° brigata aviotrasportata di stanza in Italia, dopo che alla vigilia, Victoria Nuland (quella che a Majdan augurò un «vaffa» alla Ue) aveva discusso al Congresso Usa la questione dell’invio di armi a Kiev. Aerei e navi italiane; soldati Usa dall’Italia: ma Renzi avrà parlato di pace con Putin?