Buona la prima. Un migliaio di persone hanno partecipato ieri pomeriggio alla Trans freedom march per le strade del centro di Torino. Un debutto importante: non era mai successo che nel nostro Paese venisse organizzato un corteo dedicato specificamente a rivendicare libertà e diritti delle persone transessuali. Ora c’è da augurarsi che diventi un appuntamento fisso. A manifestare, sfidando il freddo che da queste parti comincia a essere pungente, c’erano le associazioni del movimento glbtq, ma anche la Cgil e le organizzazioni studentesche. Per qualcuno si è trattato del secondo corteo della giornata, essendone partito un paio d’ore prima  un altro, indetto del movimento No Tav (anche lì un migliaio di presenze) per denunciare ancora una volta quell’opera inutile e dannosa.

Punto centrale della piattaforma della «marcia della libertà trans»: la riforma della legge 164 del 1982 sul cambiamento di sesso. I movimenti glbtq chiedono che diventi possibile il riconoscimento del genere d’elezione anche in assenza dell’intervento chirurgico ai genitali, necessario invece secondo la normativa vigente. «Una legge che trent’anni fa era all’avanguardia a livello continentale: nel frattempo, però, gli altri Paesi sono andati avanti, e noi siamo rimasti al palo», sostiene Daniele Viotti, europarlamentare Pd di area civatiana presente al corteo. Analisi condivisa da Porpora Marcasciano, presidentessa del Mit, la più antica organizzazione trans d’Italia: «Purtroppo non vedo segnali incoraggianti, e temo che le nostre richieste rimangano inascoltate a livello politico. Cresce invece l’attenzione nella società verso la nostra condizione, anche se la nostra maggiore visibilità non comporta automaticamente la fine delle discriminazioni e una vera inclusione», ragiona Marcasciano.

In testa al corteo l’assessore alle Pari opportunità del Piemonte, Monica Cerutti (Sel) e la sua collega del comune di Torino, Ilda Curti (Pd), che hanno patrocinato l’iniziativa. Nutrita la delegazione della Camera del lavoro torinese: «La Cgil collabora già stabilmente con le organizzazioni glbtq, ma vogliamo che la sensibilità nel mondo sindacale cresca ancora», spiega la segretaria confederale Elena Petrosino. «Stiamo lavorando a un modulo formativo per i nostri delegati di fabbrica sul tema delle discriminazioni: speriamo vogliano farlo anche Cisl e Uil». Folto il gruppo degli universitari, che rivendicano un ateneo libero da omo- e transfobia: «Deve esserci uno sportello antidiscriminazione, e devono nascere finalmente corsi dedicati a identità e cultura glbtq», affermano Marco Vettorato ed Elena Garelli, i portavoce del collettivo studentesco «Identità unite».

Al termine della marcia, il momento dedicato al ricordo delle vittime dei «crimini dell’odio», nello spirito del Tdor(Transgender Day of Remembrance), la giornata internazionale in loro memoria: nell’ultimo anno le persone trans uccise sono state (secondo le statistiche ufficiali) 81 in tutto il mondo. Alla lettura dei loro nomi è seguita, come momento di raccoglimento e omaggio, l’esibizione della soprano francese Fe Avouglan nella celebre aria Casta Diva dalla Norma di Bellini. Ma la conclusione vera e propria sarà oggi: gli attivisti si ritrovano dalle 14, sempre a Torino, nella sala conferenze del Museo della Resistenza, per un convegno sulle prospettive della riforma della legge 164. A confronto numerosi esperti – soprattutto giuristi e medici – e i primi firmatari delle leggi depositate, e rimaste ferme, in Senato: il democratico Sergio Lo Giudice e il 5Stelle Alberto Airola.