Scarpe, pentole, soprammobili, borse, un’elica, un cavallo di legno, un vecchio telefono. Gialli, tutti ridipinti. Sono gli oggetti degli ex inquilini sfrattati dagli appartamenti della Cavallerizza Reale. Sono apparsi pochi giorni fa in via Po, pendenti dalle volte dei portici e appesi a un filo, come a un filo è attaccato il futuro del complesso architettonico nel centro di Torino, patrimonio Unesco, messo in vendita dal Comune per ripianare i buchi di bilancio. Ecco perché, fino a domenica, il Forum delle idee, organizzato dall’Assemblea Cavallerizza 14:45, proverà a salvarlo, a costruire percorsi partecipativi per immaginare insieme nuove prospettive. Tre giorni (è iniziato ieri) per visitare gli spazi, da quelli che sono aperti quotidianamente al maneggio, alle decine di appartamenti abbandonati ai piani superiori. Tre giorni di incontri, spettacoli e concerti; gran finale, domani, con Eugenio Finardi.

Durante i nove mesi di occupazione, la Cavallerizza è stata attraversata da migliaia di persone, performance e mostre, sono state raccolte più di 10mila firme per impedire la vendita ai privati di un bene comune inestimabile, seppur abbandonato per anni: «L’amministrazione, dopo anni di indifferenza, sta ora proponendo destinazioni d’uso – sostiene l’Assemblea – senza tenere conto di quello che lo spazio è ed è diventato, ma soprattutto dei bisogni degli abitanti». Le ultime indiscrezioni, accantonato l’hotel de charme, parlano di un futuro ostello, esercizi commerciali e aree teatrali; un’intesa che vedrebbe d’accordo Comune e Regione entrambi a guida Pd.

L’Assemblea rilancia e chiede ascolto e coinvolgimento nelle scelte: «Vogliamo che il futuro della Cavallerizza non venga deciso sulla testa dei suoi abitanti». In programma, una tavola rotonda con i docenti Ugo Mattei, Gianni Vattimo, Guido Montanari, una visita guidata con Giovanni Lupo, ordinario di Storia dell’Architettura al Politecnico di Torino, il forum dei bambini e, domenica, l’albero delle idee: «una creazione collettiva per immaginare insieme una Cavallerizza di tutti» con, tra gli altri, Elio Germano, l’artista Piero Gilardi, lo storico Angelo D’Orsi, il sociologo Giovanni Semi e Sistema Torino.

«Il Comune – racconta Rubina Affronte dell’Assemblea 14:45 – sappia che non ci accontenteremo di un piccolo spazio a noi assegnato in un più grande progetto di svendita. Chiediamo che la Cavallerizza rimanga un bene comune, aperto alla cittadinanza, e che non venga venduto a speculatori. Inoltre, tra i due teatri e il giardino, in questa struttura di ben 22 mila metri quadrati, ci sono 109 appartamenti, sgomberati per la messa in vendita. Questi spazi potrebbero, invece, rispondere all’emergenza abitativa che vive Torino». Gli oggetti penzolanti di via Po raccontano anche questo: la vita che c’era e che potrebbe tornare.

Nel dibattito pubblico si inserisce, infine, la proposta di alcune associazioni ed enti torinesi (Istituto Salvemini, Piemonte Movie, Centro Studi Sereno Regis e i comitati Emergenza cultura, difesa Giardini Reali Bassi e quartiere Vanchiglia), che valutano positivamente che il Comune «abbia rimesso in discussione alcune decisioni», ma criticano l’istituzione per l’assenza di «un progetto coerente di valore culturale internazionale, sostenibile anche economicamente».

Secondo le associazioni esistono esempi in Europa di beni comuni non svenduti: «Il progetto del Museum Quartier di Vienna con strettissime analogie con la Cavallerizza, avendo ospitato le scuderie imperiali sin dal 1700, ora interamente utilizzato come hub culturale, che attira 4 milioni di visitatori l’anno. O il Bethanien di Berlino, antico ospedale divenuto centro culturale contemporaneo».