Diversi interventi che si sono cimentati con il «decalogo per l’alternativa» proposto da Norma Rangeri hanno già evidenziato come il tema della costruzione di un nuovo soggetto politico, adeguato a questo scopo nei tempi odierni, sia operazione tutt’altro che semplice.
Il punto di fondo che dà ragione di questa difficoltà è che siamo immersi in un contesto che è radicalmente diverso da quello frequentato dalle sinistre nel Novecento e che rende improponibili le pure rivisitazioni delle sue grandi narrazioni di quell’epoca, sia quella comunista che quella socialdemocratica. È alle nostre spalle il paradigma del capitalismo produttivo-fordista incentrato nello spazio dello Stato-nazione, su cui tutta la sinistra novecentesca si è forgiata, sia nella versione di un capovolgimento rivoluzionario di quel modello produttivo sia in quella di un compromesso avanzato, basato sullo Stato sociale e sull’espansione della democrazia rappresentativa. Il capitalismo finanziario che si è affermato a partire dagli anni 80 del secolo scorso, e la cui crisi odierna non pare comunque metterne in discussione la continuità, ha costruito un paesaggio assolutamente differente rispetto al «secolo breve». Predominio della finanza, globalizzazione dei mercati e ridimensionamento dello Stato-nazione, forte salto tecnologico nell’organizzazione della produzione e nei sistemi di comunicazione e informazione, «privatizzazione» dello spazio pubblico e della politica, diversificazione sociale e scomposizione dei soggetti collettivi e delle loro forme organizzate sono altrettante tessere di un mosaico inedito, che non può essere interpretato e tantomeno contrastato con le lenti del passato.

Del resto, non casualmente, l’esperienza socialdemocratica europea è sostanzialmente giunta al capolinea, come, da ultimo, evidenzia l’insipienza e la subalternità mostrata nelle vicende della Grecia. Viceversa, non c’è dubbio che, al di là delle differenze, l’esperienza di Syriza e Podemos sono lì a dire che è possibile riprendere le fila di un discorso e di una soggettività alternativa solo dentro un’innovazione profonda rispetto alle esperienze delle sinistre che avevamo conosciuto precedentemente.

In questo quadro, emergono alcuni nodi di fondo che diventa ineludibile affrontare per costruire un processo costituente per una nuova soggettività politica a sinistra. Con voluta parzialità, ne indico tre, che però a me sembrano decisivi. Il primo riguarda lo spazio europeo, nel senso che, prima ancora di una discussione sul debito o sull’euro, bisogna avere la consapevolezza che è perlomeno a questa scala che si gioca la vicenda della possibilità dell’alternativa e che, dunque, è a questo livello che si tratta di connettere le forze e le proposte, al di là delle soluzioni intermedie che si potranno praticare.

Il secondo tema di fondo riguarda la relazione tra soggettività sociale e quella politica. Ormai è diventato senso comune riconoscere che il sociale si è politicizzato e la politica non può che socializzarsi. Si stenta però a trarre le conseguenze di quest’affermazione, non solo rispetto al riconoscimento dell’autonomia dei movimenti sociali rispetto alla politica, ma soprattutto avendo presente che, se mai sia stato vero in passato, oggi non è riproponibile il «monopolio» dell’azione politica da parte di un attore centrale e che, invece, una nuova soggettività politica dovrà inventarsi sia forme originali di intreccio con l’iniziativa nella società sia elementi di pluralismo interno, assumendolo come proprio tratto costitutivo. Per certi versi, allo stesso modo, anche il tema del rapporto tra «alto e basso» va ricollocato. Una volta giustamente usciti dall’assunzione canonica della regolazione verticale tra questi due livelli, occorre andare al di là anche della semplificazione del primato dell’iniziativa dal basso. La nuova complessità e articolazione sociale richiede un approccio più ricco e mobile nel ridefinire la relazione tra questi due piani, capace di rileggerli e valorizzarli entrambi.

Il terzo snodo di riflessione riguarda la questione dell’oppressione nella pervasività del capitalismo finanziario. Accanto al permanere dello sfruttamento del lavoro, nelle forme moderne con cui viene proposto, non si può non vedere come il processo di mercificazione generalizzata, operato dallo stesso, faccia emergere nuove condizioni di subordinazione e eterodirezione sociale e addirittura della persona, in tutte le sfere dell’esperienza vitale. Producendo, peraltro, forme specifiche di conflitto, almeno potenziale, che danno ragione della strutturalità e persistenza di nuove soggettività e movimenti sociali.

Insomma, stringendo il ragionamento, avanzare sulla strada della costruzione di una soggettività politica alternativa nel nostro Paese, comporta avere chiaro che essa non può basarsi su un puro processo di ricomposizione politica di tutto ciò che si muove o si muoverà a sinistra del Pd renziano. Ciò è evidentemente necessario, così come il mettere in campo una nuova leadership diffusa, anche dal punto di vista generazionale, ma non è sufficiente. Anzi, se questa diventa la questione centrale da cui partire, occorre sapere che non si riusciranno a superare logiche autoreferenziali e frammentazione dei soggetti. Assieme a ciò, e per certi versi ancora prima, viene la priorità di costruire un pensiero e un progetto forte e la costruzione della partecipazione diffusa, del radicamento e del conflitto sociale, a cui peraltro vari soggetti possono contribuire.

In particolare, per una soggettività politica adeguata all’oggi il tema di un pensiero che sappia leggere il mondo, di un progetto di società e di un programma delle scelte da compiere continua a rimanere un «fondamentale» che non si può saltare a piè pari. Ho avuto modo di dire e di scrivere in passato che un soggetto politico della contemporaneità dovrebbe essere radicale nei contenuti, maggioritario nello sguardo, innovativo nelle forme. Forse, per andare anche al di là di questo che potrebbe essere semplicemente un buon slogan, varrebbe la pena proporsi di redigere collettivamente, dentro una grande discussione partecipata, le «Tesi per un soggetto politico di alternativa». Se non altro, potrebbe essere un modo per ampliare ulteriormente il dibattito e dargli un’anima più consistente.