Prima le hanno chiesto di smentire le voci secondo le quali aveva un rapporto sentimentale con una donna. Poi, al logico rifiuto di parlare della propria vita privata, le hanno chiesto di «risolvere la situazione» al più presto, un eufemismo per dire che doveva chiudere il rapporto con la sua partner. E’ quanto si è sentita dire un’insegnante dal dirigente dell’Istituto cattolico Sacro Cuore di Trento. La donna naturalmente non ha ceduto alle pressioni e per questa non è stata riassunta dall’istituto perdendo così la possibilità di vedere trasformato il suo contratto in un’assunzione a tempo indeterminato.

Per questi motivi ieri il Sacro Cuore – denunciato dalla donna – è stato condannato dal tribunale di Rovereto per discriminazione. Il giudice ha riconosciuto come l’istituto stesso cambiò nel giro di pochi giorni la propria versione dei fatti più volte, inclusa quella per la quale l’insegnante avrebbe turbato i propri alunni con discorsi inappropriati sul sesso. Il giudice ha inoltre accolto le domande della Cgil del Trentino e dell’Associazione radicale «Certi diritti» di accertare «il carattere di discriminazione collettiva delle diverse dichiarazioni rilasciate dall’Istituto con le quali si rivendicava il diritto di non assumere persone omosessuali, ritenute inidonee ad avere contatti con minori». L’Istituto Sacro cuore è stato così condannato a risarcire 25.000 euro alla docente per danni patrimoniali e non patrimoniali e 1.500 euro a ciascuna delle organizzazioni ricorrenti. «È il primo caso di condanna mai pronunciata per discriminazione individuale per orientamento sessuale e la seconda per discriminazione collettiva», ha spiegato ieri il legale dell’insegnante, l’avvocato Alexander Schuster. «Si tratta – ha aggiunto – della prima sentenza che condanna per discriminazione un’organizzazione di tendenza dopo l’entrata in vigore della normativa antidiscriminatoria del 2003».

«Con questa decisione – ha commentato la professoressa alla notizia della sentenza – lo Stato italiano garantisce il diritto mio e di ogni altra persona a non essere discriminata. La dignità di ogni lavoratore è un principio supremo della Costituzione repubblica».

Una questione che, come ha sottolineato il legale della professoressa, va oltre la discriminazione in base all’orientamento sessuale, «La sentenza – ha aggiunto Schuster – dice molto di più: garantisce i diritti fondamentali di ogni lavoratore. Infatti, questa decisione fissa un punto chiaro: i datori di lavoro di ispirazione religiosa o filosofica non possono sottoporre i propri lavoratori a interrogatori sulla loro vita privata o discriminarli per le loro scelte di vita».
Soddisfazione per la decisione dei giudici di Rovereto è stata espressa anche dal segretario dell’Associazione Certi Diritti, Yuri Guaiana, per il quale la sentenza rappresenta «un risultato importante non solo per le parti coinvolte nel caso in questione, ma per tutta la battaglia contro le discriminazioni sul posto di lavoro».