C’è un solo modo per rompere il silenzio di una campagna referendaria mai così boicottata. È il metodo vintage del porta a porta, del comizio volante, del giro nei paesi e per mercati. L’alto Jonio è l’epicentro dei giacimenti entro le ormai celebri 12 miglia interessate dal quesito. Le piattaforme sono ben 7. Le multinazionali a caccia di buchi nello Jonio hanno nomi importanti: Appenine Energy, Transunion Petroleum It, Shell Italia, Petroceltic Elsa, Eni, Northern Petroleum Uk. La maggior parte delle riserve di petrolio e metano bloccate dalla legge sono qui, nel tratto di mare tra Pisticci e Crotone. Ed è qui che da anni si è sedimentato un forte movimento di resistenza popolare. Attivisti di lungo corso, ambientalisti, cittadini alla prima esperienza, sindaci.

Il cuore pulsante della mobilitazione è Raspa, la rete di associazioni della Sibaritide e del Pollino per l’autotutela. Sono loro che mettono a punto il programma di un fine settimana elettorale. Primo appuntamento alla stazione di Trebisacce dove una pattuglia di macchine ci porterà alla riunione dei sindaci ad Amendolara, il cui primo cittadino, Giuseppe Ciminelli, proporrà un delibera pro-referendum all’Anci Calabria. E poi volantinaggi di fronte alla chiesa di Trebisacce, un incontro a Cassano con il vescovo Francesco Savino, mazzi di manifesti per i mercati di Cassano, Corigliano, Trebisacce e Villapiana e il convegno a Castrovillari con l’associazione il Riccio, i ragazzi di Possibile e i medici dell’Isde. Sono loro che ci spiegano in concreto quali siano i pericoli per la salute derivanti dalle trivellazioni. «Nei pressi di 34 piattaforme sono state compiute analisi chimico-fisiche su campioni d’acqua, sedimenti marini e mitili, ovvero le classiche cozze. E’ stata riscontrata un’alta concentrazione di cromo, nichel e piombo. Alcune di queste sostanze cancerogene possono entrare nella nostra catena alimentare, come avviene appunto con le cozze. Secondo i dati del dossier, i molluschi che crescono nei pressi di piattaforme di trivelle hanno una concentrazione di mercurio pari all’82% del totale». Il paradosso è che nessuno rispetta le leggi: esistono vincoli per la concentrazione di inquinanti ma questi sono spesso superati dai sedimenti circostanti le trivelle.
Pur con qualche oscillazione nei risultati, questa situazione si mantiene sostanzialmente costante di anno in anno. Ma nell’oscuramento dei media il messaggio fa fatica a passare. «Ecco perché bisogna battere palmo a palmo i paesi e i quartieri cittadini. Per rompere questo osceno muro di gomma della censura» esclamano i No Triv. Gli strali degli attivisti si dirigono anche contro il presidente della regione, Mario Oliverio: «Dica ai calabresi cosa farà il 17 aprile». Oliverio, fra i promotori del referendum, non vuole avviare la campagna. I maligni insinuano che ci sia lo zampino del Pd nazionale. «Ma qual è il vero Pd, quello che si fa promotore dell’astensione a livello nazionale o quello dei comitati per il sì sui territori? Il consiglio regionale della Calabria – spiegano i No Triv – ha deliberato a settembre la richiesta di referendum, ma la posizione del governatore non è più chiara».
Eppure risale a un anno fa la grossa manifestazione che, sfilando per le vie di Corigliano Calabro, ha ribadito il no delle popolazioni sibarite al progetto di trivellazioni. Nei mesi successivi gli attivisti hanno continuato a mantenere caldo il tema e in diversi casi sono state notate auto con il logo delle multinazionali candidate a gestire le piattaforme di estrazione. Dall’autunno scorso una potente spinta alla mobilitazione civile è arrivata dal vescovo di Cassano, don Savino, da sempre attento alle questioni sociali e ambientali. Nelle ultime settimane a suscitare una nuova ondata di indignazione è stato l’intervento del Tar Calabria che ha sospeso l’ordinanza con la quale il sindaco di Cassano, Gianni Papasso, aveva precluso la possibilità di trivellare alla ricerca di gas o petrolio nell’alto Jonio. I giudici hanno accolto l’istanza presentata dalla Appennine Energy e fissato per il 29 giugno la trattazione nel merito. La solerzia con cui il tribunale amministrativo ha annullato la coraggiosa decisione del primo cittadino, in un territorio abituato ad assistere all’ignavia istituzionale, ha contribuito ad allargare l’area dell’associazionismo locale impegnato nella campagna No triv. Così ora numerose realtà culturali stanno dando manforte all’area dell’ambientalismo già presente a sud del Pollino.

Tra quanti sostengono da tempo questa lotta c’è Franca Franco, docente, architetta, animatrice di Rizoma che aderisce a Raspa: «Stiamo promuovendo manifestazioni e convegni scientifici sui danni ambientali e economici che le trivellazioni in una zona critica come la fascia Jonica comporterebbero – ci dice – Del comitato regionale ’Sì per fermare le trivelle’ fanno parte associazioni della sinistra e cattoliche. Cerchiamo di compensare la mancanza di informazioni istituzionali». Dello stesso avviso è Tullio De Paola, tra i più attivi nella rete: «Vogliano impedire la svendita del territorio e mai come oggi abbiamo il dovere di tener fede ad uno dei nostri obiettivi fondanti, l’autotutela. Il lavoro certosino nel coinvolgere la popolazione nonostante l’assenza d’informazione da parte dei media nazionali sta dando i suoi frutti e i risultati del referendum lo confermeranno».
La sfida è lanciata. In un terra abitualmente astensionista, una percentuale dignitosa di votanti sarebbe un risultato politico importante.