I ministri degli Esteri della Ue si riuniscono domenica a Bruxelles. I presidenti di Commissione e Consiglio, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, hanno già invitato Trump a un vertice Usa-Ue, in data da definire, mentre il 6-7 dicembre c’è un summit Nato (ministri degli Esteri). Le istituzioni europee stanno attraversando un periodo di grande debolezza e questo “Brexit a potenza tre”, come Trump aveva definito la propria vittoria, è l’ultimo colpo difficile da parare: vengono rimessi in discussione i principi di libero scambio – il Ttip è ormai seppellito – l’accordo di Parigi sul clima e anche la relazione militare nella Nato. Potrebbe essere l’elettrochoc che serve all’Europa per rilanciarsi, ma la Ue scossa dal Brexit e minata all’interno dall’offensiva dei governi euroscettici non sembra per il momento all’altezza della sfida.

Ieri, è stata l’estrema destra ad esultare in Europa. Per Marine Le Pen è “la fine di un mondo”, la “vittoria della libertà del popolo sovrano”. Per il primo ministro ungherese Viktor Orban, la vittoria di Trump è “una grande notizia”. Geert Wilders, del Pvv (estrema destra nazionalista olandese) si auspica che le prossime elezioni di marzo 2017 possano “rendere il loro paese agli olandesi”, come è successo con Trump negli Usa. In Austria, che il 4 dicembre potrebbe eleggere un presidente di estrema destra, Heinz-Christian Strache (Fpö) afferma che “la sinistra e l’establishment distanti e sordi sono puniti”. In Germania esulta l’Afd: “la vittoria di Donald Trump è il segnale che i cittadini del mondo occidentale vogliono un cambiamento netto in politica”. Poi ci sono gli opportunisti. Lo spagnolo Mariano Rajoy ha inviato immediatamente le “congratulazioni” auspicando che “continueremo a lavorare per rafforzare le relazioni che ci legano agli Usa, alleato essenziale”. Ma in Spagna attenua il ministro degli Esteri Alfonso Dastis: “in campagna ha detto molte cose che probabilmente non farà una volta al potere”. In Romania il presidente Klaus Iohannis già mette le mani avanti sulla Nato e afferma di “capire pienamente” Trump che chiede che i paesi dell’Alleanza paghino la propria parte se vogliono essere difesi, pari almeno al 2% del pil. In Polonia, per il presidente Andrzej Duda le “relazioni con gli Usa sono forti come mai”, ma il ministro degli Esteri Witold Waszczykowzy riflette: “molta gente cerca risposte semplici in un mondo a scelte multiple”. Nella Gran Bretagna del Brexit, Theresa May si è subito detta “impaziente di lavorare con Trump”, mentre Nigel Farage, ex leader dell’Ukip, “il 2016 è l’anno delle grandi rivoluzioni politiche”.

Reazioni molto più prudenti e preoccupate da parte di Germania e Francia. Berlino teme “tempi difficili” e che Washington prenda decisioni senza consultare i partner. Angela Merkel ha ricordato che “la Germania e gli Usa sono legati da valori di democrazia, libertà, rispetto del diritto, della dignità umana, indipendentemente dal colore della pelle, dalla religione, dal sesso, dall’orientamento sessuale o dalle convinzioni politiche. E’ sulla base di questi valori che propongo una stretta cooperazione al futuro presidente”. Per la ministra della Difesa, Ursula von der Leyen, la vittoria di Trump resta “un enorme choc”. In Francia, per François Hollande la vittoria di Trump “apre un periodo di incertezza”, per il ministro degli Esteri, Jean-Marc Ayrault, ci sono “molte inquietudini”. Il presidente francese ha ricordato che “oggi al centro” ci sono “la pace, la lotta al terrorismo, la situazione in Medioriente, la preservazione del pianeta. Apriremo un dialogo su tutti questi temi, con vigilanza e onestà perché molte posizioni prese da Donald Trump durante la campagna sono una sfida contro i valori e gli interessi che condividiamo con gli Usa”. Questa sfida “richiede un’Europa più unita, capace di promuovere i propri valori, superare le paure”. A Londra, David Larry del Labour si chiede, di fronte “a un razzista alla Casa Bianca e a un violatore dei diritti umani al Cremlino: è il momento di lasciare l’Europa o quello di tentare di ridare speranza?”. Per il leader del Labour Jeremy Corbyn l’elezione di Trump è “uno choc comprensibile, un rigetto implacabile dell’establishment politico e del sistema economico”, anche se alcune risposte “sono chiaramente false”.