Le distanze tra Grecia e i suoi creditori internazionali sembrano accorciarsi. Anche se al vertice europeo di ieri e oggi a Riga non sará direttamente discusso il caso greco e non si aspettano delle grandi novitá, le trattative sono alle battute finali. É quindi questione di tempo, al massimo entro l’inizio di giugno, per arrivare ad un accordo finale che permetterebbe – dopo ovviamente la sua ratifica dai parlamenti dei paesi dell’eurozona – al governo greco di incassare almeno una parte della tranche di 7,2 miliardi di fondi di salvataggio.

Questa é la visione di Alexis Tsipras che a margine della riunione del Consiglio europeo a Riga durante un incontro tete-á-tete con Angela Merkel e Francois Hollande ha chiesto ieri sera la ristrutturazione del debito greco. Atene punta ad un accordo totale entro le prossime settimane, mentre a Bruxelles sono a favore di un trattato ratificato step by step.

La Grecia ha aderito agli accordi del 20 febbraio e ha dimostrato di rispettare le procedure, le normative e l’ambito operativo dell’eurozona, il che significa, ha sottolineato il premier greco che «è giunto il momento per i partner del Paese di dimostrare il loro rispetto nei confronti delle decisioni democratiche del popolo greco nel comune ambito europeo». Dall’ altra parte i partner europei, nonostante l’intrasigenza di alcuni, si rendono conto che un default ellenico avrebbe ripercussioni serie nell’ Ue e nell’economia mondiale.

L’obiettivo di Atene che punta inanzitutto ad una soluzione politica e a compromessi reciproci, rimane sempre lo stesso: un’accordo che non aggravi la crisi umanitaria greca sapendo che dovrá comunque comprendere la ristrutturazione del debito. Le cosidette «linee rosse» per il governo greco sono gli stessi argomenti che di fatto aggravano la recessione, vale a dire la questione del mercato di lavoro e quella delle pensioni. Le altre promesse elettorali, invece, di fronte al pericolo di un fallimento del paese potrebbero essere solo rinviate.

«Ci dovrebbe essere una soluzione entro maggio in modo da poter risolvere i nostri problemi di liquiditá» ha detto il portavoce greco, Gavriel Sakellaridis, escludendo l’ eventualitá di un prelievo forzoso sui depositi bancari per raccogliere denaro, come era avvenuto a Cipro nel marzo del 2013. Sakellaridis, senza nascondere la difficile situazione finanziaria e l’ urgenza di Atene di trovare entro la fine del mese soldi per pagare stipendi e pensioni – (ndr senza dimenticare che entro agosto deve rimborsare ai suoi creditori 24 miliardi di euro) – ha messo in evidenza il punto critico delle trattative, al livello tecnico ma anche politico alla vigilia del vertice di Riga e della riunione del Brussels Group (che comprende Fmi, Ue, Bce, Esm) che da Mercoledi sta esaminando le proposte elleniche per una revisione del regime d’ imposta sul valore aggiunto (Iva), considerato finora come una delle spine dei negoziati.

Che «l’accordo stavolta é effettivamente vicino» lo ha sostenuto pure il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, escludendo categoricamente l’introduzione della doppia moneta in Grecia. «Non esiste una “soluzione Mayer”. C’è soltanto una soluzione politica» ha detto Varoufakis, riferendosi alla proposta dell’americano Thomas Mayer, ex capo economista di Deutsche Bank, il quale per primo aveva prospettato questa ipotesi.

Ora il probabile, significativo avvicinamento delle posizioni viene confermato per la prima volta da alti funzionari europei. A sentire la stampa greca, il presidente della Commissione Ue, Jan Claude Juncker, è intervenuto personalmente per ottenere il tanto voluto «compromesso storico» senza schiacciare la faccia di Alexis Tsipras, ma neanche la volontá dei rappresentanti della vecchia troika (Fmi, Ue, Bce) che insistono sulla necessità di riforme e di nuove misure di austerità.

Secondo il «piano Juncker» le trattattive per nuove misure di austerità potrebbero essere rinviate all’autunno prossimo. Duro, invece, nelle sue dichiarazioni il vice-presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovkis, che avverte che «solo se la Grecia completa il prossimo passo del programma di riforme, (compresi i tagli stipendi e pensioni) potranno essere corrisposte le ultime tranche di aiuti».
Per il momento l’esecutivo di Tsipras e le «istituzioni» sembrano aver trovato un’intesa su alcuni dati macroeconomici, visto che la recessione continua, il debito pubblico supererá per la prima volta nel 2015 la soglia del 180% del Pil e il deficit nell’ anno precedente si é attestato al 3,5%. Ambedue le parti concordano che l’economia ellenica crescerà dello 0,5%, una crescita, quindi, in pratica inesistente, mentre l’ obiettivo per l’avanzo primario sarà molto minore (al 1,5% quest’anno, al 2% nel 2016 e al 3,5% dal 2017) rispetto a ció che volevano all’inizio i creditori internazionali, permettendo in questo modo al governo greco di prendere misure per far fronte alla crisi umanitaria.

Un’intesa che sta per concludersi – negli ultimi giorni ci sono state già due teleconferenze del Brussels Group – riguarda appunto il regime d’imposta sull’Iva, tenendo conto che l’ammontare dell’evasione fiscale in Grecia è stimato in circa a 9.5 miliardi di euro l’anno. Il progetto greco per la riforma dell’Iva prevede due aliquote di imposta sul valore aggiunto invece delle attuali tre. La più alta sarebbe fissata al 18% e verrebbe applicata a quasi tutti i servizi e prodotti ad eccezione di alimentari e medicinali con uno sconto di tre punti percentuali per gli acquisti con carta di credito.

L’aliquota più bassa sarebbe invece fissata al 9,5% e si applicherebbe agli alimentari, ai farmaci e ai libri con lo stesso sconto per le transazioni non in denaro contante. Tali proposte sembrano rientrare nell’ambito di un più vasto progetto del ministro delle finanze teso ad aumentare le transazioni non in contanti allo scopo di combattere l’evasione fiscale.
E Tsipras, di fronte all’Unione europea, non smette di sottolineare che il suo governo deve proteggere i lavoratori, i pensionati e le famiglie che hanno sofferto a causa dell’austerità provocata dal piano di «salvataggio» dell’economia del Paese.