Primi contatti, con grande diffidenza, tra le istituzioni Ue e il nuovo governo di Alexis Tsipras, di cui fanno parte tre economisti, Yanis Varufakis alle Finanze, il vice-premier Ioannis Dragasakis e George Stathakis conosciuto nel mondo della finanza. Tutti sono a favore della permanenza della Grecia nell’euro, anche se Varufakis ha più volte condannato il “debito odioso” e Dragasakis difende l’idea di una ristrutturazione del debito, unita pero’ a una riforma dello stato, programma da mettere a punto con una confenrenza europea sul debito. Il primo a rompere il ghiaccio, in attesa del debutto a Bruxelles di Tsipras al vertice sul terrorismo del 12 febbraio, sarà il presidente dell’Europarlamento, Martin Schultz, che sarà ad Atene giovedi’, per poi riferire dell’incontro a François Hollande e Angela Merkel, in serata a Strasburgo. Venerdi’ seguirà Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo. Le prime reazioni di Schultz sono state abbastanza fredde, ha invitato Tsipras “alla ragione” per “trovare un compromesso”. Dijsselbloem si è limitato a commentare: “aspetto di conoscere la posizione del nuovo governo, ma i problemi della Grecia sono sempre li’”.

L’inquietudine a Bruxelles è aumentata, quando è stata rivelata l’alleanza con la destra sovranista dei Greci Indipendenti (preoccupano le posizioni nazionaliste e anti-europee, ma anche l’opportunismo del leader, Panos Kammenos, che quando era stato ministro della Marina, dal 2006 al 2008, aveva negoziato la concessione del porto del Pireo ai cinesi). Non è neppure piaciuto molto a Bruxelles che il primo ospite straniero di Tsipras sia stato l’ambasciatore russo ad Atene, mentre le Ue (con la Nato) sostiene l’Ucraina e la Polonia ieri non ha neppure invitato Putin alla cerimonia per i 70 anni della scoperta del campo di Auschwitz, fatta dai sovietici il 27 gennaio ‘45. Queste scelte di Tsipras vengono interpretate come un segnale di scarsa volontà di conciliazione. Le reazioni di Bruxelles, del resto, non sono mai lontane da quelle dei mercati: ieri la Borsa di Atene è crollata del 4% (con una punta a meno 6,4%) e i tassi di interesse a dieci anni sono saliti al 10%.

La Grecia divide pero’ i partner. Tsipras, in campagna elettorale, aveva proposto la convocazione di una conferenza sul debito nella Ue. Per il momento, solo l’Irlanda – altro paese che ha subito la trojka – si è dichiarata d’accordo. Il governo spagnolo, che teme Podemos, non si muove. La Francia avanza con estrema prudenza, mentre l’Italia sembra più possibilista: ma ieri un fronte contro l’austerità ad oltranza era ancora lontano dall’essersi delineato. Tsipras ha pero’ avanzato una pedina a suo favore, perché l’Fmi non ha rigettato l’idea di una conferenza sul debito. La Commissione ammette ormai a mezza voce da qualche mese che la ristrutturazione del debito greco sarà inevitabile: allungamento dei tempi del rimborso e ribasso dei tassi di interesse. Sarebbero già state studiate delle date e delle cifre, con pagamenti allungati fino a dopo la metà del secolo e sospesi per un certo periodo per recuperare crescita a tassi in linea con la media della zona euro. Lo ha ricordato anche Angela Merkel ieri, alla riunione della Cdu: la Grecia fino al 2020 non deve restituire gli aiuti e i tassi di interesse sono bassi. I fautori del rigore pero’ non cederanno su un punto, per evitare contagi e un effetto-afflosciamento del rigore in altri paesi: al governo Tsipras verrà chiesto di rispettare il calendario delle riforme. E’ in ballo il pagamento dell’ultima tranche (più di 10 miliardi) del piano di “aiuti” di Ue, Bce e Fmi, entro fine febbraio.