«Da un punto di vista europeo, il Trattato transatlantico Ttip è assolutamente utile per far crescere la nostra economia. È un bene per quella tedesca e per tutta l’Europa, dobbiamo far presto». Parola di Angela Merkel che, accogliendo il presidente Usa Obama ad Hannover, ha auspicato che i negoziatori europei, rinchiusi da ieri in un convention center di New York per far avanzare le trattative, «possano consegnarci un accordo ampio e ambizioso entro l’estate». Poco importa se in oltre 90mila nella città tedesca abbiano marciato contro il trattato, che minaccia di spostare dalla democrazia rappresentativa a riservati consessi di esperti di Usa e Ue, sponsorizzati dalle grandi corporation, la decisione sulla qualità e la liberalizzazione di prodotti e servizi, ma anche sulla convenienza o meno di mantenere pezzi interi di welfare e di protezione dell’ambiente, alla sola luce dei loro costi per le aziende.

Completamente ignorato l’appello di fermare il negoziato lanciato da Barcellona il 21 e 22 aprile scorsi da qualche centinaio di quegli oltre 1.200 sindaci e presidenti di Regione in Europa che si sono dichiarati #fuorittip. Eppure anche in Italia ormai si viaggia oltre i 50 enti locali, da Milano a Brindisi, da Livorno a Civitavecchia, da Cuneo a Tricase, alle regioni Abruzzo, Toscana, Puglia e Val D’Aosta, che hanno espresso la loro preoccupazione sostenendo la petizione «Fuori il Ttip dalla mia città», lanciata dalla Campagna stop Ttip, e ribadendola con un atto ufficiale.

Gli interessi di Usa e Ue che si confrontano in queste ore tra i grattacieli della metropoli Usa sono ancora lontanissimi. Ci sono «barriere tecniche al commercio» e «misure sanitarie e fitosanitarie» che l’opinione pubblica europea sta tenendo sotto costante osservazione, ma che i gruppi di interessi vorrebbero cancellare. Parliamo della sicurezza alimentare, come il bando degli Ogm per l’alimentazione umana e l’obbligo della certificazione dell’origine del bestiame. Si discute sulla protezione ambientale, sulla chimica, e anche di farmaci e cosmetici: troppi controlli, troppi certificati da produrre in Europa, e non si è ancora arrivati a definire un modello di nuovo governo di standard comuni e non problematici per il commercio – la cosiddetta cooperazione regolatoria – proprio sotto la forte pressione di associazioni, sindacati, di alcuni parlamenti, come quello francese, e di molti enti locali.

Se l’appuntamento nella grande mela dovesse fallire, l’ultima spiaggia sarà l’incontro già fissato per la settimana dell’11 luglio a Bruxelles. In vista del Consiglio europeo del 13 maggio, dove i governi dell’Unione potrebbero decidere un’ulteriore accelerazione politica al negoziato, la Campagna Stop Ttip italiana ha convocato per il 7 maggio prossimo a Roma una manifestazione, in solidarietà con la rete europea, con cuore a Piazza del Popolo dove produttori, lavoratori dell’agricoltura, del settore pubblico, attivisti, docenti, studenti e tutti i cittadini preoccupati della brutta fine che potremmo fare con l’approvazione del Ttip, sono invitati a scendere in piazza per parlare e per capire di più del trattato e dei suoi impatti. L’evento può contare sull’adesione di oltre 250 organizzazioni e sindacati: dalla Cgil all’Usb, dall’Arci alle Acli, da Slow Food a Legambiente al Movimento Consumatori, poi c’è Greenpeace, Attac e Fairwatch, Pax Christi e oltre 50 comitati locali i città piccole e grandi. C’è bisogno di un evento di piazza, probabilmente, per far crescere anche in Italia un dibattito pubblico ampio che al momento non c’è, anche perché il governo Renzi è tra i più forti supporter del trattato in Europa, nonostante il nostro Paese abbia tutto da perdere.

In vista nel lancio, per la fine della settimana, di un grande rapporto europeo sugli impatti del Ttip sull’agricoltura elaborato su 17 paesi dell’Unione, Fairwatch ha fatto un’analisi sull’agrifood del Bel Paese nel nuovo rapporto «Faq: Il Ttip fa bene all’agricoltura italiana?». Il quadro è sconfortante: se due terzi delle imprese italiane del settore esportano appena in Italia, al massimo in Europa e non hanno alcuna chance di aprire commerci con gli Usa, vedranno invece gli scaffali e i banchi dei nostri mercati riempirsi di prodotti a stelle e strisce a minore costo, e bassa qualità, con aumenti, per alcuni settori, fino al 5mila per cento di volumi di importazioni in più ogni anno. Per proteggere negli Usa una lista di circa 40 prodotti Doc e Dop italiani, saremo costretti a far circolare anche nel nostro mercato le copie di tutti gli altri, ma anche tutti quei prodotti Usa registrati fino ad oggi con un marchio che somiglia a quelli europei più famosi, perché il Ttip non sarà retroattivo. A parte che per i formaggi e in piccola parte per il vino, che già oggi stravince sul mercato americano senza Ttip, cereali, olio, latte, frutta, verdura, fiori, carni e salumi subirebbero una concorrenza terribile e molto dannosa sia negli Usa, sia in Europa e addirittura in Italia. Sindacati come la Flai, associazioni che proteggono il cibo di qualità come Slow Food, e centinaia di piccoli e medi produttori, come il consorzio dell’Olio della Sabina e il comparto del latte a Padova, da mesi denunciano, inascoltati, il possibile disastro. La speranza è che la piazza romana restituisca loro la voce e all’Europa la saggezza di cui avremmo bisogno.

*vicepresidente dell’osservatorio Fairwatch, tra i portavoce della Campagna Stop Italia