Il grido di allegria delle donne arabe, che si fa facendo vibrare la lingua, tipico del Maghreb (si sente nella scena finale del film La Battaglia di Algeri) si chiama «zaghruda». Ieri quel grido è risuonato per la prima volta in un paese del distretto di Kasserine – roccaforte dei gruppi salafiti e qaedisti – per festeggiare il successo di una operazione anti terrorismo condotta dalle squadre speciali, gli uomini in divisa nera «stile Swat» delle Brigades d’intervention rapide (in sigla Bnir) inviati in forze dal governo di Tunisi.

L’operazione era volta a colpire i covi di Katibat Uqdah Ibn Nafi, appendice di Al Qaeda nel Maghreb islamico che prende il nome da un celebre condottiero dell’epoca della conquista, compagno d’armi del Profeta. Questo gruppo jihadista è ritenuto il più attivo oggi in Tunisia dopo la crisi di leadership e di defezioni verso l’Isis siriano di Ansar al Sharia in Tunisia che aveva inizialmente attirato nella galassia salafita molti giovani delusi dalla rivoluzione dei Gelsomini del 2011. E proprio questo Battaglione intitolato a Uqdah Ibn Nafi, messo fuorilegge nel 2013 dal governo dei fratelli musulmani di Ennahda, è ora il principale indiziato per gli attentati contro i turisti al museo del Bardo e ai resort di Sousse dell’anno scorso. Ma soprattutto è indicato come il responsabile dei molti poliziotti uccisi (53 in pochi mesi) proprio nel distretto di Kasserine – gli ultimi tre agenti sono saltati in aria su uno Ied, una ordigno artigianare, meno di una settimana fa, mercoledì scorso a Jebel Semmama- alle pendici del monte Chaabi, dove i qaedisti hanno i loro campi di addestramento, al confine con l’Algeria.

Ieri i blindati delle Bnir sono arrivati attorno alle tre del mattino, coperti dall’oscurità, nel villaggio di El Karma. La sparatoria tra le truppe speciali e i tre terroristi asserragliati in tre case del paese è andata avanti per ore, fino all’alba. E alle prime luci del giorno ha iniziato a radunarsi intorno alle zone dei combattimenti una folla sempre più estesa di curiosi, in pratica tutta la popolazione maschile. Uomini in camicia o canottiera, che dapprima sono rimasti a guardare, poi hanno cominciato a collaborare con gli Swat. Tutto è documentato dalle riprese dei cellulari e della locale radio in streaming Kfm.

(vai per vedere il video: https://www.facebook.com/Kasserinefm/videos/1189316337778227/)

Si vedono gli agenti speciali con giubbotti antiproiettili, mitra, anfibi e casco, mescolati con civili in infradito che danno indicazioni, fischiano per avvisare i poliziotti dei balconi da cui i cecchini possono prenderli di mira. I jihadisti non hanno gradito tutta questa partecipazione spalla a spalla con le forze di sicurezza e hanno iniziato a sparare sulla folla, abbattendo un ragazzino di 16 anni e ferendo un uomo. Quando i Bnir sono riusciti ad avere la meglio su due dei tre jihadisti asserragliati dentro una casa bianca dagli infissi azzurri – i due morti sono stati identificati come Jihed El M’Bark e Oussema Mahmoudi – i cittadini di Karma li hanno festeggiati, salendo sui blindati, cantando l’inno nazionale tunisino e scandendo slogan. Anche le donne si sono unite al tripudio, velate e non, alzando il loro «zaghruda» di gioia.

Una gioia passeggera nel più povero distretto della Tunisia, dove senza servizi e con una disoccupazione doppia della media nazionale, l’economia informale attorno ai mercati locali è tutto. Soltanto un paio d’ore più tardi l’ospedale di Kasserine, dopo aver ricevuto l’unico poliziotto ferito nell’operazione anti terrorismo, ha dovuto trovare posto per altri 51 persone, rimaste ferite in un tragico incidente stradale tra un camion diretto al mercato di Khamoude e un autobus pieno di gente. Nello scontro, e nell’incendio che è divampato subito dopo tra le lamiere contorte, sono morte 14 persone.

Secondo l’ultimo rapporto del gruppo Soufan specializzato nell’analisi di informazioni in materia di sicurezza, cben 6 mila tunisini sarebbero partiti per arruolarsi nei differenti fronti del jihad in Siria ed in Iraq; una cifra che fa del paese la principale fonte di combattenti stranieri, che sono anche il grosso dei miliziani dell’Isis in Libia. Le autorità tunisine recentemente hanno capito che la zona militarizzata di Kasserine con la sua povertà fornisce manovalanza al jihadismo tanto in Siria e in Libia quanto all’interno della stessa Tunisia. In particolare il presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi in un suo discorso di quest’anno ha fatto un collegamento tra l’alto tasso di disoccupazione (al 30%) – e di economia informale dedita al contrabbando – della zona di Kasserine, culla della rivoluzione del 2011, e il pericolo di un estendersi del terrorismo jihadista. L’episodio di Hay el Karma potrebbe però segnare una svolta quanto all’appoggio della popolazione locale.