La magistratura turca ha emesso ieri un mandato di arresto internazionale per Fethullah Gulen. L’imam vive dal 1999 in esilio negli Stati uniti, ma continua a controllare quotidiani, giudici e alcuni poliziotti in Turchia. Il mandato d’arresto segue di pochi giorni la retata della polizia turca, condannata dall’Unione europea, che ha portato al fermo di molti giornalisti tra cui Ekrem Dumanli, direttore del quotidiano turco Zaman. Un tribunale di Istanbul ha deciso di convalidare l’arresto di 4 delle 12 persone fermate. Dumanli è stato rilasciato con il divieto di lasciare il paese. Restano in carcere: Hidayet Karaca, direttore della televisione turca Samanyolu; Tufan Erguder, ex capo del dipartimento antiterrorismo della polizia di Istanbul; Ertan Ercikti e Mustafa Kilicarslan, funzionari della polizia turca. Le accuse sono di affiliazione a un’organizzazione terroristica in riferimento a Hizmet (Servizio), il movimento fondato da Gulen. La rivalità tra Erdogan (nella foto Reuters) e Gulen, alleati politici fino a poco più di un anno fa, risale al dicembre 2013, quando il partito Giustizia e lo Sviluppo (Akp), guidato dall’allora premier Erdogan, rimase coinvolto in uno scandalo corruzione che rischiava di far cadere il governo.

Noti esponenti del partito Akp furono arrestati e vari ministri del governo furono costretti subito a dimettersi. Pochi mesi dopo, nel febbraio 2014, i quotidiani turchi filo-governativi pubblicarono un’inchiesta per denunciare l’esistenza di un programma di intercettazioni messo in piedi dalla magistratura ai danni dell’Akp.