Solo il 39,9% degli ungheresi ha votato al referendum sul “ricollocamento coercitivo di cittadini non ungheresi”, ma il 98,3%, pari a 3,2 milioni di votanti, ha dato ragione a Viktor Orbán e al rifiuto di accoglienza e solidarietà nella Ue, che chiede a Budapest di accettare 1296 candidati all’asilo politico, presenti in Italia o in Grecia. Il referendum non è valido, ma Orbán ha fatto il pieno di voti, e contro i profughi ha raccolto una cifra superiore a quella che si espressa nel 2003 a favore dell’entrata nella Ue (3,05 milioni). Il sociologo Attila Melegh, professore all’Università Corvinus di Budapest, ricolloca la questione nell’ambito della crisi globale delle migrazioni verso l’Europa.

Questo referendum cambia qualcosa?

Parliamoci chiaro: c’è una guerra in Medioriente, che se continua avrà un impatto drammatico in Europa. Ci sono milioni di persone attorno all’Europa in difficoltà. È una crisi di scala globale. Ma non viene fatto nulla per trovare soluzioni. Questo lascia spazio a Orbán e a tutti gli altri Orbán europei.

Orbán continuerà la sua politica?

Orbán vuole cambiare la Costituzione  (lo ha annunciato ieri in aula, ndr), come richiede l’estrema destra, per evitare che le decisioni vengano prese a Bruxelles. In Europa, Orbán pretende la costruzione di nuovi muri per blindare le frontiere, non lo ha mai nascosto, ritiene che in Europa debbano essere fatti più figli e che venga sbarrata la strada ai migranti. Il gruppo di Visegrad lo sostiene. Nel futuro, molto dipenderà dall’evoluzione politica in altri paesi, a cominciare dalla Germania, dove l’Afd e la Csu bavarese sono amici di Orbán. Orbán continuerà la sua lotta per cambiare l’Europa in questo senso. Nella campagna è stato usato un linguaggio spaventoso, il governo ha diffuso il panico tra la popolazione. La paura è infondata, ma il panico è nondimeno reale.

In Europa occidentale molti sottolineano che gli ungheresi sono stati accolti quando fuggivano, nel ’56 per esempio e poi dopo l’89. Il rifiuto dei profughi non è un paradosso?

Bisogna tener presente che in Ungheria l’immigrazione non è forte, c’è una presenza dall’Asia, ma molto poco dall’Africa. La principale esperienza riguarda i rumeni immigrati, ma molti di loro sono in realtà di origine ungherese. Invece, molti ungheresi sono emigrati in Europa occidentale, in Germania, Gran Bretagna, Austria soprattutto. Risentono una grande insicurezza e vorrebbero per cosi’ dire mantenere questo privilegio: Orbán si è mostrato come il paladino che lotta perché l’Europa resti agli europei e non sia per gli altri, una libertà di movimento dei migranti extra-europei viene vista come un disturbo per la libertà di movimento degli ungheresi. C’è cosi’ timore che la Brexit sia seguita da altri paesi, che si chiuda Schengen, ma Orbán insiste sul fatto che questo deve essere riservato agli europei e chiuso agli altri.

C’è un’opposizione più aperta che ha la possibilità di pesare politicamente?

Questa opposizione è molto debole, ha incassato una serie di sconfitte, ed è per di più anche divisa sull’immigrazione. C’è una parte più aperta sui rifugiati, ma il discorso è debole, manca una riflessione globale su una soluzione a livello europeo. Questa opposizione non cerca di capire cosa pensa la classe operaia. In effetti, difende una posizione più filo mercato, a favore di un’economia aperta, ma per il momento non è capace di andare al di là di questo. È del resto la ragione per cui la popolazione va verso l’estrema destra. È drammatico. In Ungheria non esiste una sinistra della sinistra, è molto diverso dalla Grecia, per esempio.