Il 2016 è stato un anno orribile per i migranti e per i loro diritti. I morti di frontiera sono stati più di 5 mila e stampa e opinione pubblica, salvo alcune eccezioni, non ci fanno nemmeno più caso. Prima di Natale sono morte o scomparse, nell’ennesimo naufragio, almeno 100 persone. Tuttavia quasi nessuno ne parla, come fosse il giusto prezzo da pagare per essere nati dalla parte sbagliata. I morti sono aumentati nonostante una diminuzione consistente di arrivi, segno che arrivare in Europa è sempre più difficile e pericoloso, mentre guerre, persecuzioni, diseguaglianze, disastri ambientali sono aumentati e sempre più persone sono costrette a lasciare la propria casa.

Ma vanno quasi tutti altrove: rimangono nei pressi delle regioni d’origine o emigrano verso Paesi di più facile accesso. Pochissimi, in percentuale, sono quelli che arrivano alle nostre frontiere. Per farlo, l’unica possibilità che hanno è rivolgersi a trafficanti privi di scrupoli. Alto è il prezzo da pagare. E non ci sono possibilità alternative, perché tali non sono le chiacchiere dell’Ue, i progetti di esternalizzazione di controlli e frontiere, il cinismo dell’«aiutiamoli a casa loro», i Migration Compact e il potenziamento degli strumenti di controllo, respingimento e rimpatrio.

L’Italia ha il merito di aver salvato decine di migliaia di vite umane nel Mediterraneo, anche grazie all’impegno volontario di tante organizzazioni umanitarie. Allo stesso tempo, però, il nostro governo ha continuato a promuovere accordi con regimi dittatoriali, considerando quello con la Turchia di Erdogan il modello. Una vergogna intollerabile che bisogna fermare subito.

Uno sguardo più generale alle politiche riguardanti le persone di origine straniera nel nostro Paese non fa che confermare un giudizio negativo sull’azione del governo.
In primo luogo la vergogna di non aver licenziato la riforma della legge 91 del 1992 sulla cittadinanza. Approvata nell’ottobre del 2015 alla Camera, la legge di riforma doveva ottenere un rapido via libera del Senato, secondo quanto la maggioranza e parte dell’opposizione si erano impegnate a fare. Ma le preoccupazioni per le sorti di Renzi e del referendum hanno bloccato la riforma per un anno e oggi, come avevamo purtroppo previsto, è ancora ferma e rischia di scomparire con la fine annunciata della legislatura.

Una grave responsabilità soprattutto del Pd e del suo gruppo dirigente. Un errore strategico grave, che produce forte disagio in quelle centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze di origine straniera, italiani senza cittadinanza (è il nome del movimento che sta animando le piazze e i social network per la riforma), che rappresentano un pezzo importante del nostro comune futuro.

C’è poi la questione centrale degli ingressi per lavoro. Da anni oramai, per scelta del ministero del Lavoro, non è emanato il decreto flussi, che consentirebbe ai lavoratori stranieri di accedere a un regolare visto d’ingresso. Il risultato è che si produce irregolarità, lavoro nero e sfruttamento.

È urgente, per rimediare a questo enorme buco legislativo e ai fallimenti delle politiche d’accoglienza, con il carico d’irregolarità che stanno producendo (il combinato disposto di soggetti incompetenti che gestiscono numerosi centri d’accoglienza prefettizi e di commissioni territoriali inadeguate e non indipendenti per la richiesta di protezione internazionale, ha prodotto un numero elevato di potenziali irregolari),ricorrere ad una sanatoria ampia e aperta. Basta pensare a tutte le persone straniere impiegate nei lavori domestici e di cura, spesso in nero. C’è solo da augurarsi che il nuovo presidente del Consiglio abbia maggiore lungimiranza.

Noi ci prepariamo a rafforzare la nostra azione di contrasto al razzismo e al populismo xenofobo. Anche nella consapevolezza che l’anno appena trascorso non è stato particolarmente brillante neanche per le forze sociali e le organizzazioni antirazziste e che servono un impegno e un lavoro straordinario, se non ci si vuole arrendere all’egemonia culturale delle destre razziste.

*vicepresidente nazionale Arci