Agli investigatori ha raccontato tutto: nomi, luoghi e cifre del business lucroso come il traffico di uomini dall’Africa verso l’Italia, senza omettere particolari raccapriccianti come l’uccisione di quei migranti che non potevano più pagare gli smugglers.

Ore e ore di racconti che Nuredin Atta Wehabrebi, il primo pentito di questo genere di traffici illegali, ha fatto agli agenti delle squadre mobili di Palermo e Agrigento e agli uomini del Servizio centrale operativo, e che hanno portato al sequestro a Roma di una profumeria vicino alla stazione Termini gestita da un eritreo e usata dai trafficanti come punto di raccolta dei soldi estorti ai migranti. Quando sono entrati, gli agenti hanno trovato e sequestrato 526 mila euro e 25 mila dollari in contanti, insieme a un libro mastro con i nomi dei cittadini stranieri e le utenze di riferimento.

«Con questa indagine abbiamo raggiunto il livello più alto nella lotta all’immigrazione clandestina e abbiano individuato il canale finanziario della rete criminale che gestisce il traffico di migranti dall’Africa alla Sicilia e che aveva a Roma e Palermo due centrali di snodo», ha spiegato il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi. 38 i componenti dell’organizzazione criminale fermati , tra i quali un italiano, 25 eritrei e 12 etiopi, accusati a vario titolo di associazione per delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria e traffico internazionale di stupefacenti e spaccio.

Quello sgominato ieri è ritenuto dagli inquirenti uno dei network criminali internazionali più pericolosi tra quelli operanti in Nord Africa, un’organizzazione che non esitava a uccidere quanti non potevano più permettersi di pagare i costi del viaggio.

Wehabrebi ha riferito anche di un presunto traffico di organi. «Mi è stato raccontato – ha detto il pentito agli investigatori della Dda di Palermo – che le persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani che le uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di 15 mila dollari. Gli egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche».

Una pratica per la verità abbastanza improbabile, e della quale gli inquirenti non hanno trovato nessun riscontro, come ha sottolineato anche Lo Voi. «E’ una dichiarazione di un fatto appreso da altri – ha detto il procuratore di Palermo -. Sono indicazioni che il collaboratore dichiara di aver ricevuto ma che allo stato non possono esser confermate da nessun dato concreto».

Più probabile, invece, la descrizione di come i migranti venivano fatti arrivare in Italia, Oltre che con le barche, l’organizzazione aveva messo a punto un sistema più sicuro e redditizio come i falsi ricongiungimenti familiari resi possibili dalla legislazione italiana in materia. Ogni finto matrimonio poteva costare tra i dieci e quindicimila dollari. «Era un sistema semplice e articolato allo stesso» ha proseguito Lo Voi, e certamente più sicuro e redditizio per i trafficanti rispetto alla traversate in mare fatte con le carrette del mare.

Tra i 38 fermati c’è anche un italiano, Marco Pannelli di Macerata, di 46 anni, ma non sarebbe l’unico a far parte dell’organizzazione. «Ci sarebbero anche degli italiani coinvolti nell’organizzazione – ha raccontato infatti il pentito – uno si chiama Valentino ed è stato arrestato in Germania, l’altro si chiama Marco e si trova a Perugia. Sia Valentino che Marco lavorano con un furgone con il quale trasportano circa 14 persone a settimana per conto dell’organizzazione».

Ma la banda avrebbe fatto i soldi. e tanti, anche con il traffico di droga: circa 300.000 euro a settimana che l’eritreo gestore della profumeria nei pressi della stazione Termini consegnava ogni sabato ad un altro emissario eritreo che a sua volta girava il denaro in Libia.